Fail.
12 Aprile 2013. A pochi minuti dal termine della sfida contro degli ancora embrionali Golden State Warriors, il tendine d’Achille di Kobe Bryant fa pop chiudendo stagione e di fatto la carriera del Black Bamba.
Due settimane dopo Pau Gasol, il fu Ron Artest, il separato in casa Dwight Howard e l’acciaccatissimo Steve Nash vengono sweepati dai San Antonio Spurs, dando il via al calvario – spesso simile ad un circo – della franchigia gialloviola.
Dopo aver saltato i playoff in sole cinque occasioni nei precedenti 65 anni di storia, i Lakers sono riusciti nell’impresa di collezionare sei stagioni perdenti consecutive.
A nulla è valso il ribaltone societario con il quale Jeanie Buss ha messo fine alla gestione del fratello Jim Buss feat. Mitch Kupchak. A nulla è valsa l’ascesa e la clamorosa caduta di Magic Johnson come President of Basketball Operations.
Lo scorso 2 Luglio, l’inizio della LABron Era tutto lasciava presagire, tranne che l’ennesima stagione perdente con LeBron James – reduce da otto apparizioni consecutive alle NBA Finals – fuori a Marzo per la prima volta dal 2005.
LeBron said he “felt a pop” before heading back to the locker room for further evaluation. (via @mcten) pic.twitter.com/ZjCmuGbx86
— ESPN (@espn) December 26, 2018
Rebuild 2.0
Nelle passate stagioni, la ricostruzione angelena è passata dal tanking, i draft, le tante scelte e Free Agent di secondo livello. Luke Walton – reduce da una brillante esperienza al fianco di Steve Kerr – ha provato a dare un imprinting differente, proponendo un gioco affine alla new-wave in voga nella Lega.
Ma la crescita sotto la guida del figlio di Bill (da 17 a 26 W, poi 35) è risultata troppo lenta per una piazza affamata di vittorie. Inoltre, l’organizzazione lacustre non è riuscita a sviluppare e valorizzare i giovani. I primi a salutare L.A. sono stati D’Angelo Russell e Julius Randle, nell’ottica di acquisire la flessibilità salariale necessaria per aggredire il mercato.
L’incapacità di Magic e del General Manager Rob Pelinka – ex agente di Kobe – di costruire un roster funzionale intorno a LeBron, gli infortuni, le bizze dei veterani ed uno staff inadeguato hanno trasformato la stagione della rinasciata in un fallimento.
L’ennesimo fiasco ha determinato, oltre all’addio di Magic, la separazione consensuale con Walton e la decisione di privarsi dello young core. Dopo un paio di mesi degni delle peggiori soap opera – in pieno Hollywood Style – il front office si è destato prima assumendo Frank Vogel, Jason Kidd e Lionel Hollis poi focalizzandosi sulla prossima Free Agency.
Money, it’s a hit
Rinascere crescendo giovani promesse richiede un’organizzazione adeguato, coach specializzati di alto livello e scuot sempre all’opera. Ripartire scegliendo la via delle trade e della caccia ai big, oltre a saper proporre un progetto appetibile e vincente, necessita un’adeguata conoscenza delle norme che regolano i contratti nella NBA.
Per capire cosa stia succedendo nel mercato NBA serve affacciarsi sul meraviglioso e contemporaneamente terrificante mondo del Collective Bargaining Agreement, l’accordo collettivo tra lega e associazione giocatori che regolamenta il sistema anche dal punto di vista economico. Per farla il più breve possibile: il totale degli stipendi da erogare ai giocatori nell’arco di una stagione non dipende dai singoli contratti firmati, ma è una cifra ben precisa e predeterminata, pari a un valore che oscilla tra il 49 (se l’economia della lega non decolla) e il 51 (se si naviga nell’oro) per cento del Basketball Related Income (BRI), il paniere che comprende tutti gli introiti dell’azienda NBA legati al basket. Il Salary Cap viene determinato ogni stagione in base alle previsioni sul BRI in modo da portare la somma dei contratti il più vicino possibile al valore desiderato, ma poi occorre aggiustare nel dettaglio.
Quella riportata è l’introduzione di un pezzo scritto da Fabrizio Gilardi per l’Ultimo Uomo nel Luglio 2016, nel mezzo di una off season caratterizzata da una serie di firme a cifre mai viste prima.
L’aiuto di Fabrizio – noto ai più come Fazz, voce del podcast Ball Dont’Lie (350 puntate dal 2011) e penna de l’Ultimo Uomo, NBA Sky Sport e tanto altro – è fondamentale per un viaggio, in chiave lacustre ma non solo, nell’ostico mondo del cap e delle sue regole.
$alary Cap
Filippo Pugnalini aka Pugna e Giovanni Rossi aka odino hanno avuto il piacere di scambiare quattro chiacchiere con Fazz.
Filippo Pugnalini: ciao Fazz, grazie per aver accettato l’invito e benvenuto su CuoreGialloViola / Lakeshow Italia.
«Ciao, sono io a ringraziare voi, sono quasi emozionato perché è la prima volta che mi capita di essere in uno spazio dedicato ai Lakers per motivi diversi dall’invito a fare una brutta fine e magari ritrovandomi nel girone infernale in cui Nick Anderson sbaglia 4 tiri liberi ogni minuto, all’infinito.»
Giovanni Rossi: due parole su di te, per chi non ti conoscesse.
«Sono una brutta persona nella vita reale, una ancora peggiore quando scrivo e parlo di basket e la peggiore possibile sui social networks, specie quando si tratta di rovinare i sogni dei tifosi con del fact-checking. Comunque nella seconda delle mie tre vite scrivo di basket da una dozzina di anni e ne parlo da quando esiste Ball Don’t Lie, cioè da oltre otto anni (sì, sono anziano).»
GR: non quanto me… e comunque gli ascoltatori di BDL sanno bene che l’anziano è un altro.
GR: dall’amore per il basket, nato ai tempi di Shaq & Penny, alla passione per le statistiche avanzate ed alle norme salariali della NBA. Il secondo, soprattutto, argomento ostico anche per chi segue il basket d’oltreoceano di professione.
«Se iniziate così però non vi fate un favore, perché è chiaro dove si voglia andare a parare. Per quanto riguarda Salary Cap e dintorni diciamo che ho i mezzi per capire abbastanza rapidamente certe dinamiche, ma mai e poi mai sarei in grado di studiare in prima persona strategie per sfruttare le pieghe del regolamento, ecco. Per essere un semplice tifoso ho una conoscenza approfondita dell’argomento, questo sì. Comunque con Shaq e Penny confermate che sono anziano.»
FP: del resto è impossibile non parlarne. L’argomento è entrato in tutte le conversazioni a tinte gialloviola. Nonostante nell’ultimo biennio la gestione dei Lakers sia stata tutt’altro che all’altezza delle aspettative, i lacustri sono riusciti a portare ad L.A. prima LeBron James e poi Anthony Davis.
«O forse LeBron James ha portato prima se stesso e poi Anthony Davis ad L.A.»
GR: riflessione che condivido, fin dalla firma di James. Del resto le dinamiche – leggi Rich Paul – che hanno portato The Brow nella Città degli Angeli sono sotto gli occhi di tutti.
«Non sapremo mai quanti meriti abbia la dirigenza dei Lakers, ma se non altro è stato fatto tutto il necessario per non ostacolare le manovre della Klutch Sports, si veda ad esempio il sacrificio di Russell per cedere il contratto di Mozgov e la scelta di preservare lo spazio salariale per l’estate in corso. Poi certo, potendo offrire solo contratti annuali nella scorsa stagione si è andati incontro ad una sciagura annunciata, almeno per quanto riguarda il rendimento dei giocatori in questione, e a livello strategico bisogna sempre privilegiare la corretta sequenza di decisioni, anche se non portano risultati immediati, ma quando i risultati arrivano comunque non c’è molto da dire, bel lavoro, la fortuna aiuta gli audaci. E un po’ anche i raccomandati.»

(Andrew D. Bernstein, NBAE via Getty Images)
…a livello strategico bisogna sempre privilegiare la corretta sequenza di decisioni, anche se non portano risultati immediati, ma quando i risultati arrivano comunque non c’è molto da dire, bel lavoro, la fortuna aiuta gli audaci. E un po’ anche i raccomandati.
Fazz sull’approdo ad L.A. di LeBron & Davis
Pelinka’s moves
FP: neppure il tempo di metabolizzare l’impresa dei Toronto Raptors alle NBA Finals che l’NBA è stata scossa dall’approdo del prodotto di Kentucky in California, in cambio di Brandon Ingram – ? nd/odino -, Lonzo Ball, Josh Hart e scelte.
Dal punto di vista salariale, cosa implica lo scambio tra Lakers e Pelicans?
«Il sistema salariale NBA prevede un soft cap, cioè un cap che a certe condizioni e grazie a determinate eccezioni può essere superato. Se si è e si resta sotto al cap si può fare praticamente tutto ciò che si vuole, le uniche limitazioni riguardano i contratti massimi e minimi che ciascun giocatore può ottenere in base agli anni di permanenza tra i professionisti.»
«Sopra il cap, invece, ci sono delle regole abbastanza severe, a partire dalla necessità di “pareggiare” (non si tratta mai di pareggiare realmente, ci sono dei parametri da rispettare) i salari dei giocatori in entrata e in uscita per rendere legale uno scambio e ovviamente anche per la possibilità di operare in free agency.»
«I Lakers si trovano nella peculiare situazione di dover agire secondo entrambi i criteri: saranno una squadra sotto al cap per tutta la free agency, che per loro potrebbe a tutti gli effetti durare solo qualche ora, mentre per completare lo scambio, presumibilmente il 6 o il 7 luglio, agiranno come una squadra sopra il cap, che a quel punto sarà stato riempito da uno o più contratti, per circa 32 milioni di dollari in tutto.»
GR: il contratto di Davis prevede una sorta di bonus che, stando alle ultimissime news, l’ex Pelicans avrebbe rinunciato a riscuotere.
«All’interno dei contratti dei giocatori NBA è prevista la possibilità di inserire svariati bonus ed uno di questi è il cosiddetto trade kicker, che può essere del 5, 10 o 15 per cento e scatta automaticamente nel momento in cui il giocatore viene ceduto. La logica dietro al trade kicker è che sia la squadra ad avere il controllo sul destino del giocatore potendo scambiarlo come e quando vuole e che quindi il giocatore debba essere ricompensato in caso di trade; nel caso specifico ovviamente è andata in modo diverso, è stato il giocatore ad avere il controllo sul destino proprio e della squadra, ma il bonus si applica comunque e per Davis corrisponde a poco più di 4 milioni di dollari, cioè il 15% di $27.093.018, il suo salario di base per la stagione 2019/20.»
«Il trade kicker viene fisicamente pagato dalla squadra che cede il giocatore, secondo la logica di cui sopra che prevede un rimborso, e diventa a quel punto parte integrante del salario (nominale e non reale, ma questa è tutta un’altra storia) del giocatore e quindi pesa sul cap della squadra che lo acquisisce. Il giocatore in ogni caso ha la possibilità di rinunciare al trade kicker, che è esattamente quello che pare succeda in questa situazione: esborso minore per i Pelicans, che tra cash ricevuto dagli Wizards e questo sconto guadagnano 5 milioni di dollari per il disturbo, ma soprattutto una dinamica più vantaggiosa per i Lakers.»
FP: pochi istanti dopo il tweet di Wojnarowski sulla trade, l’entusiasmo dei fan lacustri in merito all’arrivo di una terza stella è stato smorzato dai dettagli trapelati sulla tempistica dello scambio.
«Nel momento in cui la notizia di uno scambio del genere viene fatta arrivare a Woj, Shams, Amick, Stein e tutti gli altri a metà giugno è sinceramente difficile pensare che per l’ufficialità si debba aspettare un mese e mezzo. Probabilmente, anche a causa della presenza su Twitter di alcuni autentici guru del Salary Cap NBA – Eric Pincus, Larry Coon, Bobby Marks, Jeff Siegel e Albert Nahmad tra gli altri – che hanno prontamente indicato tutta la gamma di soluzioni teoricamente a disposizione di Pelinka, c’è stata un po’ di confusione riguardo a ciò che sarebbe stato possibile fare sulla carta, ciò che si sarebbe potuto fare in pratica e ciò che è ancora possibile fare in realtà, prima che Lakers e Pelicans chiamino gli uffici della NBA per comunicare i dettagli finali dello scambio.»
GR: a tenere banco è stata, sostanzialmente, la data in cui verrà ufficializzata la trade. 6 oppure 30 Luglio.
«A partire dall’ultimo minuto giocato in stagione e fino al 30 giugno le squadre possono operare sul mercato, ma basandosi sui contratti, il cap e le dinamiche della stagione 2018/19, il che limita enormemente le possibilità di manovra, perché nessuno o quasi ha spazio sotto al cap e in pratica si possono solo scambiare salari equivalenti, come successo con Turner e Bazemore tra Portland e Atlanta.»
«Praticamente tutti i movimenti annunciati in queste settimane, compresi quelli della notte del draft, vengono in realtà notificati alla NBA e ufficializzati a partire dal 6 luglio, il primo momento utile della nuova stagione dopo la July Moratorium, periodo durante il quale i contabili della lega terminano i calcoli relativi alla stagione precedente e comunicano i parametri della nuova, a partire dal Salary Cap, che si prevede sia intorno a 109 milioni di dollari.»
«Una delle rare eccezioni al blocco delle operazioni è la firma dei contratti dei giocatori scelti al primo giro, possibile perché la rookie scale loro dedicata è già prefissata e quindi non c’è bisogno di conoscere le cifre definitive della stagione per poter mettere tutto nero su bianco.»
«L’ipotesi 30 luglio si basava su uno dei principi fondamentali della free agency, cioè che l’ordine in cui si ufficializzano le operazioni conta e fa la differenza.»
«Un esempio che rende l’idea: se si è sotto al cap e si rinnova il contratto a un giocatore che ha cap hold inferiore all’ammontare del nuovo accordo, questo rinnovo sarà l’ultima notifica inviata alla NBA, perché converrà conteggiare l’hold finché possibile, esaurire lo spazio con altre manovre e poi, solo alla fine, firmare questo nuovo contratto.»

(Dominique Oliveto, Getty Images for Klutch Sports Group)
GR: in soldoni, aspettare la fine di Luglio cosa avrebbe comportato?
«Rimandare la trade di un mese avrebbe permesso ai Lakers di operare in free agency con la situazione salariale corrente, cioè con Ball, Ingram, Hart ed il cap hold della quarta scelta ($ 7.059.480) e senza Anthony Davis e quindi con 32M di spazio (il dato attuale è $ 32.021.399 in caso di cap a 109), che è pochissimo meno dell’ammontare del primo anno di un contratto al massimo salariale del 30% del cap, riservato a giocatori con 7-9 anni di esperienza pro (Leonard, Thompson, Butler, Irving, Walker). Il contratto che uno di questi potrebbe ottenere da una qualsiasi altra squadra con cap space massimo sarebbe di 141 milioni in 4 anni, mentre i Lakers possono arrivare a 138 ed è palese che non sarebbero questi 3 milioni a fare la differenza agli occhi di uno di questi giocatori.»
«Una volta riempito questo spazio con la firma di uno o più free agent sarebbe stato comunicato alla NBA lo scambio, che a quel punto sarebbe avvenuto sopra il cap e quindi con la necessità di “pareggiare” i contratti. Le scelte al draft però non contano come salario in uno scambio, quindi ci sarebbe bisogno prima di trasformare la scelta in un contratto, operazione possibile già l’1 luglio, poi di attendere fino a fine mese, dato che il regolamento impedisce di cedere per 30 giorni dal momento della firma del contratto un giocatore scelto al draft. In questo modo, con 25 milioni in uscita, sarebbe stato possibile accogliere il contratto di Davis, trade kicker compreso (31.1M).»
«La trade di Anthony Davis sarà invece con ogni probabilità ufficializzata tra una decina di giorni, ma la dinamica resta la stessa: si opererà in free agency prima di comunicare lo scambio, il che significa che i Lakers avranno bisogno di trovare l’accordo con uno o più giocatori durante il periodo di moratoria, firmare questi contratti appena possibile, cioè nella mattinata del 6 luglio, e immediatamente dopo effettuare la conference call con gli uffici della NBA e Pelicans e Wizards, inclusi nello scambio per scaricare i contratti di Wagner, Bonga e Jones.»
«I Lakers opereranno avendo a cap i contratti di LeBron (37.4M), Ball (8.7), Ingram (7.2), Wagner (2), Kuzma (2), Hart (2), Bonga (1.4), Jones (1.4, a cap pesa tutto, non solo la parte garantita), più il cap hold della quarta scelta (7), più il dead money derivante dal taglio di Deng (5), più un cap hold equivalente al minimo salariale per un rookie ($ 897.158) per ogni slot libero a roster fino ad occupare 12 posti (in questo momento ne vanno considerati 3, perché il buyout di Deng a tutti gli effetti non occupa alcun posto).»
FP: alla luce della cessione della pick #4 ad Atlanta, è verosimile che si possa arrivare a fine Luglio?
«No. E facilmente non lo è mai stato.»
«Può essere che nessuno nella dirigenza dei Lakers fosse a conoscenza di questa possibilità, o che non lo fosse solo chi ha gestito direttamente la trattativa, Pelinka, anche se è difficile ipotizzare che la sua forte allergia ad accettare contributi e suggerimenti si sia spinta fino a questo punto. O magari questa ipotesi non è mai stata presa in considerazione o è stata esclusa da David Griffin, perché gli scambi si fanno sempre in due, oppure ancora Griffin per accettare una condizione simile ha chiesto una contropartita maggiore (Kuzma? Un’altra prima scelta?) e i Lakers hanno preferito muoversi in modo diverso.»
I Lakers opereranno avendo a cap i contratti di LeBron (37.4M), Ball (8.7), Ingram (7.2), Wagner (2), Kuzma (2), Hart (2), Bonga (1.4), Jones (1.4, a cap pesa tutto, non solo la parte garantita), più il cap hold della quarta scelta (7), più il dead money derivante dal taglio di Deng (5), più un cap hold equivalente al minimo salariale per un rookie ($ 897.158) per ogni slot libero a roster fino ad occupare 12 posti (in questo momento ne vanno considerati 3, perché il buyout di Deng a tutti gli effetti non occupa alcun posto).
Fazz riepiloga il monte salari lacustri all’inizio della Free Agency
GR: in effetti per abbassare il monte salari, i Lakers hanno ceduto Moritz Wagner, Isaac Bonga, Jemerrio Jones e una seconda scelta agli Washington Wizards. Quanto spazio è stato liberato?
«Come dicevo poco prima per ogni posto a roster vuoto bisogna considerare un “incomplete roster charge”. Quindi scaricare un contratto da 2M come quello di Wagner non libererebbe 2M, ma solo 1.1M, perché al salario del giocatore va sostituito l’hold equivalente al minimo per un rookie. La risposta a questa domanda è però zero, perché la cessione di questi tre giocatori avverrà DOPO che i Lakers avranno utilizzato lo spazio salariale.»
«Scambiarli è stato necessario (anche) per potersi muovere in questo modo e non, come sembrava probabile fino a ieri, effettuando la trade con i Pelicans come prima operazione, quindi assorbendo Davis nello spazio sotto al cap, senza necessità di “pareggiare” i salari. Per mettere insieme un ammontare sufficiente a rispettare i requisiti della NBA che prevedono che il salario in entrata complessivo ($27.093.018, il contratto di Davis senza trade kicker) debba essere inferiore al 125% + $100.000 di quello in uscita era necessario fare uscire almeno $21.595.000, mentre la somma dei contratti di Ball, Ingram e Hart è pari a soli $17.918.965.»
GR: una sorta di quick-fix quindi.
«Con Wagner e Bonga si arriva a $21.399.337, le scelte contano zero, i salari non garantiti contano zero, l’unica possibilità per evitare di inserire Kuzma è stata garantire una piccola parte (200k) di contratto a Jones, che originariamente era totalmente non garantito in caso di taglio entro il 20 gennaio, per far tornare i conti.»
«O forse la vera risposta a questa domanda è 4.3M, che è la differenza i 32M dello scenario corrente, free agency e poi trade sopra il cap sbloccato come detto dalla cessione del trio a Washington, e i 27.7M di quello in cui i Lakers come prima cosa completano la trade di Davis, possibile solo sotto il cap date l’impossibilità di pareggiare i salari a inizio luglio e di quella di aspettare che sia disponibile il contratto della quarta scelta a fine luglio, e poi si muovono in free agency, tagliando Jones e tenendo Wagner e Bonga.»
Here comes the tricky part
FP: oltre alle firme con lo spazio disponibile, i Lakers potranno aggiungere atleti a roster con delle eccezioni?
«Per scendere sotto al cap, cosa che i Lakers dovranno fare in qualsiasi scenario, si rinuncia alla possibilità di usare, per la stagione in corso, la Mid-Level Exception, in entrambe le sue versioni, e la Bi-Annual Exception. L’unica eccezione rimanente è la Room MLE, il cui ammontare esatto sarà comunicato alla fine della moratoria e che permetterà ai Lakers di ingaggiare un giocatore con contratto biennale da circa 10M totali o annuale da circa 4.8M.»
«Il linea del tutto teorica può essere divisa tra due giocatori, ma considerato che mezza Room MLE vale meno del minimo salariale per i giocatori di maggior esperienza si tratta di una possibilità che all’atto pratico non serve a nulla.»
FP: a quanto ammonta il minimo salariale? Quanto incideranno le firme sul monte salari?
«Le firme al minimo, sempre possibili anche per le squadre che si trovano sopra al cap con l’unica eccezione di quelle soggette a regime di hard cap (si applica se la squadra utilizza la non-taxpayer MLE e/o se ingaggia un giocatore attraverso una sign&trade) verranno notificate alla lega una volta esaurito lo spazio, quindi non avranno incidenza sul resto della free agency.»
«L’ammontare dipende dagli anni di esperienza in NBA, per la stagione 2019/20 si va dall’ormai nota quota di $897.158, riservata ai rookies, a $2.561.463 per i giocatori con dieci o più anni di esperienza NBA. Anche se in realtà questo è l’ammontare nominale (di nuovo, non quello reale) percepito dai giocatori, l’impatto a cap ed il costo per le casse della squadra sono leggermente inferiori, ma anche questa è un’altra storia.»
GR: riepilogando: con la trade a due tempi di Davis, i Lakers possono provare a firmare qualsiasi tra i FA sul mercato, ad eccezione di Kevin Durant (che oltre ad essere infortunato, dovrebbe accettare una riduzione rispetto al massimo che potrebbe ottenere).
Indipendentemente da cosa faranno i Lakers, le strade percorribili sono due: aggiungere una terza stella oppure 2/3 role player. Le stelle sono decisive per la vittoria, mentre un supporting cast adeguato ti rende meno dipendente dal rendimento dei fenomeni, ma potenzialmente meno forte in assoluto. Qual è la via percorrere?
«Non sapevo avessero aperto i casting per la riedizione 2020 de “La volpe e l’uva”, ma dare la risposta B permetterebbe certamente di avanzare una candidatura credibile.»
GR: …e non ti nascondo che ad eccezione di Leonard (…perché Leonard) e Thompson (nonostante sia infortunato) personalmente opterei per la B.
«Posso capire, ma non condivido e credo non lo faccia nemmeno Pelinka. Credo che la priorità A e la B siano un giocatore al (quasi)max e nel caso di risposta negativa un altro (quasi)max. Nello scenario ideale i Lakers trovano l’accordo con uno di questi giocatori entro il 5 luglio, gli fanno firmare il contratto il 6, completano lo scambio per Davis il 6 e dal 7 si danno da fare per trovare il giocatore cui dare la Room MLE e tutti gli altri cui dare il minimo.»
«Ovviamente non ci sono garanzie che ciò accada, in questo caso subentra lo scenario B, cioè i 32 milioni vengono divisi tra due o più giocatori. Alcuni rumors recenti hanno identificato come principali necessità dei Lakers una point guard, un tiratore e un lungo, anche per evitare a Davis un’intera stagione da centro a tempo pieno e riservare questa opzione per gli eventuali ed auspicabili Playoffs, quindi lo spazio e la MLE verrebbero utilizzati in questo modo, tutto il resto al minimo.»
«Ci sono due considerazioni aggiuntive da fare: la prima è che per ogni giocatore in più lo spazio aumenta, perché nel momento in cui si mette a cap il contratto si toglie un cap hold, quindi sarebbero 32M per un giocatore, 32.9 per due giocatori, 33.8 per tre. La seconda è che il tempo a disposizione per i Lakers è poco, perché sicuramente negli accordi con Pelicans e Wizards è inserito il momento in cui è prevista la trade call con la NBA. Magari sarà il 6 Luglio pomeriggio, o il 7 mattina, o il 7 pomeriggio, ma più o meno avverrà in quei giorni e quello sarà il termine ultimo che i Lakers avranno per operare sul mercato con 32 milioni.»
«I free agents e soprattutto i rispettivi agenti lo sanno bene, quindi cercheranno di tirare un po’ la corda per ottenere condizioni contrattuali vantaggiose, magari uscendo dal budget a disposizione di Pelinka o chiedendo del tempo per valutare altre offerte e quindi decidere, tempo che però, appunto, i Lakers non hanno. Vale quindi la pena di considerare un altro scenario, magari improbabile, ma che non si può escludere a priori: si arriva al momento dello scambio senza aver riempito il cap, quindi la trade viene eseguita, nel cap compare Anthony Davis e lo spazio a disposizione scende a 27,7 milioni (o 28,6 per due giocatori e così via). Situazione se possibile da evitare e che tutto sommato sarebbe un male minore e non poi così rilevante, ma che potrebbe verificarsi.»
«Ultima postilla: nel caso in cui si dovesse suddividere lo spazio tra due o più giocatori esiste la possibilità che si decida di trattenere Bullock, che ha un cap hold di soli 4.75M (e che ne ruberebbe solo 3.85 allo spazio totale, sempre perché andrebbe a sostituire un incomplete roster charge), cifra alla quale è estremamente improbabile si possa trovare un giocatore di livello simile sul mercato. Secondo la dinamica introdotta qualche paragrafo più su la firma del suo nuovo contratto, quasi certamente di ammontare maggiore di quello del suo cap hold, più avverrebbe dopo quelle dei free agent provenienti da altre squadre.»
GR: qualunque sia la via scelta dal front office lacustre, è evidente che costruire un supporting cast – che non sia composto esclusivamente da veterani al minimo o carneadi – è il vero esame di maturità per Pelinka.

(Lakers.com)
FP: per concludere, guardiamo oltre. A prescindere da cosa succeda questa estate, a quanto potrebbe rinnovare Davis? Quale vantaggio hanno i Lakers?
«Per la stagione 2020/21 Davis ha una player option da poco meno di 30 milioni, che con ogni probabilità declinerà risultando così free agent. Il salario massimo di partenza sarà una percentuale del cap, nel suo caso il 30%, che con tetto 2020/21 stimato a 118 milioni (ma questa cifra ovviamente potrebbe variare) significherebbe uno stipendio nominale di 35,4M.»
«La squadra che detiene i Bird Rights del giocatore può offrire un contratto al massimo di durata complessiva pari a 5 anni e con incrementi annuali dell’8%, mentre tutte le altre sono limitate a 4 anni e incrementi del 5%, cioè 207 milioni in 5 anni per i Lakers (160 nei primi 4 anni), 152 milioni in 4 anni per tutti gli altri.»
«Va anche considerato che per ottimizzare i propri guadagni Davis potrebbe forse essere interessato a tornare free-agent nell’estate 2022, quando avrà raggiunto i 10 anni di esperienza e potrà quindi accedere al max contract di fascia più alta (35%) del cap, quindi potrebbe avere interesse a firmare un 2+1, cioè un triennale con player option. In uno scenario del genere il suo contratto sarebbe 115/3 con i Lakers (74 nei primi due anni), 112/3 con chiunque altro (72,5 nei primi due anni). Non che i Lakers debbano temere la concorrenza delle altre squadre in free agency quando si tratti di rinnovare, ma come si vede il vantaggio reale sarebbe in pratica solo la possibilità di offrire il quinto anno di contratto (48M nel 2024/25), nel caso in cui Davis desiderasse un max contract completo.»
FP: grazie Fazz, per la lunga chiacchierata e la disponibilità. L’NBA non è solo quello che si vede sul parquet ma un mondo molto più vasto, l’auspicio è di chiarito un po’ le idee sul Salary Cap.
GR: grazie a nome di tutti gli appassionati che ci leggono, l’auspicio è quello di riaverti ancora tra noi. ?
«Grazie a voi per l’invito!»
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