Dopo essersi faticosamente ritagliato uno spazio nella NBA, Troy Daniels – pur consapevole che altrove avrebbe potuto guadagnare di più – ha accettato l’offerta al minimo per veterani fatta dai Los Angeles Lakers.
L’ex Suns – reduce da una stagione con quasi il 48% nelle conclusioni dall’arco non contestate – ha preferito prendere al volo l’opportunità di giocare in una squadra che con la presenza di e LeBron l’arrivo via trade di The Brow stava costruendo un roster destinato a competere ad alti livelli.
L’ex Rams durante una lunga intervista con Alex Kennedy di HoopsHype ha raccontato i passaggi che lo hanno portato ad accettare l’offerta gialloviola.
«È stato sicuramente un periodo frenetico. Kawhi Leonard è stato una sorta di ostacolo per la free agency, poiché diversi team con spazio salariale lo hanno aspettato, perché pensavano di avere una possibilità di firmarlo. Mi ha fatto un po’ schifo. Più o meno in quel momento – sapevo ovviamente – che il mio mercato non era così grande, ma avevo immaginato che avrei potuto guadagnare tra 3 e 4 milioni di dollari per la stagione seguente. I Lakers, i Thunder, gli Warriors ed un paio di altri team erano interessati. Molte squadre ovviamente avevano bisogno di tiratori, ma sapevo che questi erano i team interessati.»
«I Lakers sono stati i primi a farmi un’offerta. Era al minimo per i veterani, ma è stato un gioco da ragazzi. Stavano cercando di costruire una squadra da titolo per questa stagione ed opportunità come questa non capitano così spesso. Ho sentito che era la miglior decisione per la mia carriera. Puoi farti un gran nome giocando bene nei grandi palcoscenici, come ho fatto nel mio anno da rookie. Ho pensato che se avessi avuto un’altra opportunità, come questa, avrei dovuto sfruttarla. Arrivando non conoscevo veramente il piano. Tutti sembravano sapere chi avrebbe giocato e chi no, ma in fin dei conti devi andare in campo e guadagnartelo. Ho costruito la mia carriera su questo. Non importa veramente quanto o dove giocherò, qualsiasi opportunità mi capiti sarò pronto.»
I Lakers sono stati i primi a farmi un’offerta. Era al minimo per i veterani, ma è stato un gioco da ragazzi. Stavano cercando di costruire una squadra da titolo per questa stagione ed opportunità come questa non capitano così spesso.
Troy Daniels
I lacustri sono stati tra le peggiori squadre della Lega nel tiro da tre la scorsa stagione, per cui in estate sono stati aggiunti tiratori del calibro di Danny Green, Quinn Cook – qua il grade dell’ex Warriors – ed Avery Bradley. Oltre ovviamente allo stesso Daniels.
«In tutta sincerità, credo di essere il fit perfetto. LeBron James ed Anthony Davis impegnano le difese e chiamano tanti raddoppi. Quando hanno il pallone, i difensori devono prestare attenzione. Ci devono essere dei tiratori intorno a LeBron ed AD, che sia io o Danny Green o gli altri ragazzi. Se sono libero, sento che nove volte su dieci il pallone entrerà nel canestro. I tiri che sbaglio sono quelli più difficili, quelli contestati. Ma se sono veramente libero, e probabilmente avrò tanti tiri wide-open, farò canestro. Avere LBJ ed AD mi aiuterà. E giocare con dei tiratori aiuterà loro perché gli consentirà attaccare il canestro e fare quello che fanno meglio.»
Il roster lacustre è quasi al completo, per cui il nativo della Virgina può dire cosa ne pensa.
«Penso che abbiamo il corretto equilibrio tra veterani e giovani. Abbiamo ragazzi che sono nella Lega da un po’ ed hanno vinto titoli, ma ce ne sono anche altri che si stanno ancora evolvendo come Kyle Kuzma, che sta venendo su bene ed un grande upside. Abbiamo star Davis e James. Credo che abbiamo la giusta combinazione di atleti in questo team e possiamo arrivare lontano. Il nostro obiettivo e vincere l’anello, ma prima e soprattutto dobbiamo fare i playoff. Ed una volta che l’avremo fatto, ci arriveremo. Ma questa squadra può davvero arrivare lontano e non vedo l’ora di lavorare con tutti loro.»
Troy – tiratore letale dall’arco con il 40% in carriera, con oltre quattro tentativi a partita – spiega poi come ha perfezionato il suo tiro.
«Ho osservato tanti grandi giocatori come Reggie Miller, Michael Redd, Ray Allen e Kyle Korver. L’ho fatto per tanto tempo, mentre crescevo. Ho sempre voluto diventare un gran tiratore. Una cosa è essere un tiratore che può segnare alcuni tiri, un conto è diventare un tiratore d’élite, quando le difese fanno degli schemi per contrastarti. Devi lavorare duro – mi alleno ancora sul tiro tutti i giorni – ma penso che in parte sia un dono ricevuto. Alcuni atleti hanno semplicemente la capacità naturale di fare canestro.»
Le qualità da oltre l’arco di Daniels, sembrano destinate a sposarsi alla perfezione con la visione di gioco di LeBron James e la sua capacità di mettere in ritmo i compagni.
«Veramente, non vedo l’ora. Per un tiratore come me, è come un sogno che si avvera. Lui è un grandissimo passatore, un passatore d’élite, e conosce il gioco come pochi. Capisce che, a volte, un tiratore ha semplicemente bisogno di toccare la palla. Non abbiamo nemmeno bisogno di tirare, a volte vuoi semplicemente toccare la palla, passarla nuovamente ed aspettare che il gioco venga da te. Lui comprende il gioco e non vedo l’ora di scendere in campo con lui. Ogni tiratore vorrebbe farlo, ogni tiratore.»
Kennedy ha recentemente intervistato Cook, che ha descritto come incredibili le prime settimane da Lakers.
«È tutta un’altra storia. Sono amico di un ragazzo che faceva parte del Coaching Staff dei Lakers e mi ha detto che far parte del Lake Show è diverso e che ci sono molti vantaggi ed altre cose che si aggiungono a questo. Mi ha detto trarre il massimo da quest’avventura ed è quello che farà. Io li chiamo America’s Team perché tutti sanno chi sono i Los Angeles Lakers e Kobe Bryant, Shaquille O’Neal e LeBron James. Quando giochi per questa organizzazione, devi essere corretto. Ed è quello che voglio fare.»
Daniels poi racconta su cosa sta lavorando in queste settimane.
«Sto facendo molto sulla preparazione fisica, tanto lavoro. Sto anche lavorando sul tiro, sul ball-handling e sul tiro dal palleggio. Sono nella Lega da un po’ ed ho la reputazione di ottimo tiratore. Vogliamo provare a spostarmi dalla linea da tre punti. È comprensibile ed è esattamente quello che faranno, perché se una va dentro, è probabile che lo facciano anche le successive cinque, sai com’è…»
«So che gli avversari dicono “Fagli mettere palla a terra!”, per questo motivo devo essere capace di tirare dopo un paio di palleggi. Devo essere in grado di creare per i compagni dal palleggio. Potrei anche aver bisogno di portare palla, ed ho lavorato su questo negli ultimi due o tre anni, migliorando il ball-handling. Credo che il mio palleggio sia sottovalutato, visto che tiro così bene. Gli altri non si aspettano che tu possa sia tirare che portare palla ad alto livello, ma è qualcosa su cui ho lavorato. Ho lavorato anche sulla mia difesa. Probabilmente andrò ad L.A. nelle prossime settimane e mi allenerò lì in vista del training camp.»
Kennedy poi torna al 2014, quando gli Houston Rockets lo richiamarano dalla G League. Un mese dopo, un paio di ottime prestazioni al primo turno dei playoff fecero conoscere Daniels al resto della Lega.
«Per me, è tutta questione di testa. Non vado mai troppo in alto o troppo in basso. Alcune persone diventano frustrate se non toccano palla, ma io capisco il gioco ed il suo business. È importante capire queste cose e avere la giusta mentalità durante ogni gara. Il mio motto è “È quello che è.”, vivo così. Ci son volte in cui non tocco palla per dieci possessi, esco dal campo e quando rientro si aspettano che segni un paio di triple. Ma è il mio lavoro. Questo è quello che devo fare e per cui vengo pagato e sono stato in grado di farlo ad alto livello. Se non lo facessi, sono sicuro che troverebbero qualcun altro, così funziona la Lega. Dalla stagione da rookie in poi, ho costruito la mia carriera traendo vantaggio da ogni singola opportunità e adesso sto entrando nel mio settimo anno.»
Undrafted nel 2013, dopo una stagione passata a bombardare nella G League – 240 triple, tutt’ora record per singola stagione – l’approdo tra i pro. I Lakers saranno la sesta squadra in sei anni per Troy.
«Ho giocato contro tanti atleti, sono stato compagno di tanti atleti differenti ed ho avuto a che fare con tanti ego. Praticamente ho visto di tutto. L’unico modo che ho trovato per sopravvivere nella Lega è stato quello di cercare di lavorare con più persone possibile. E ho tratto vantaggio da ogni opportunità che ho avuto.»
«Quando sono entrato nell’NBA, non mi aspettavo certo di giocare o cose del genere. Quindi quando Kevin McHale mi ha chiamato quel giorno nei playoff – e lui aveva altri quattro veterani che avrebbe potuto schierare – ero nervoso. Ma una volta in campo, ho realizzato che la pallacanestro è sempre quella, avevo semplicemente bisogno di fare quello che ho sempre fatto. Così tutto il nervosismo è sparito. Da ragazzo sogni dei momenti così, sono quello che ti fa andare avanti, che ti fanno tornare e che ti fanno rimanere innamorato di questo gioco.»
Ad L.A. Daniels vorrebbe restarci.
«Sicuramente. Voglio dire, sono umano. Non voglio continuare a girare. Ho una famiglia e nessuno vuole continuare a fare così. È sempre bello essere desiderati, per carità. Questo è il modo in cui cerco di vedere la situazione. È qualcosa che ho imparato durante gli anni in cui sono stato sballottato qua e là ed essere scambiato un paio di volte. Quando ero a Houston sono stato ceduto a Minnesota, ed ho pianto. Mi sono seduto ed ho pianto perché non volevo andarmene. Tutto stava andando bene a Houston. Stavo giocando bene, ero reduce da buone prestazioni ai playoff, avevo firmato un buon contratto con loro e conoscevo tutti.»
«Ma penso che sia questo essere un professionista, uscire dalla tua comfort zone. A quel tempo non volevo uscirne, ma sono ne sono stato strappato e spedito nel freddo Minnesota. Non sapevo nemmeno cosa stesse accadendo nella loro organizzazione in quel momento. È stata dura per me, ma sono cresciuto nonostante questo ed ho iniziato a vederla come “Hey, andiamo e lavoriamo sodo e qualunque cosa succeda, è successa. Sono ancora nell’NBA e questo è il sogno di tutti.” Devi apprezzare ogni opportunità e continuare a lavorare, senza preoccuparti della situazione.»
L’aver girato tante squadre – Houston, Minnesota, Charlotte, Memphis e Phoenix – aiuterà la guardia ad un veloce ambientamento.
«Ad essere onesti, non dovrebbe richiedere più di un mese. Siamo tutti professionisti qui e lo facciamo per mestiere. Non dovrebbero esserci scuse dopo il primo mese, perché avremo giocato insieme per un po’. Abbiamo giocato a pallacanestro per tutta la vita e siamo pagati veramente bene per farlo ad alto livello, quindi non cerco nessuna scusa. Nessuno di noi dovrebbe cercarne dopo un mese di lavoro. Ovviamente, per arrivare al livello necessario per raggiungere i playoff e vincere l’anello, ci vorrà un po’ più di tempo. Ma per noi che giochiamo, ottenere quello spirito di cameratismo e mettere insieme qualche vittoria, non dovrebbe richiedere tanto tempo.»
Ancora Cook, parlò di quanto rimase impressionato dall’elevato livello comunicativo subito raggiunto dal nuovo roster. Il che dovrebbe rendere più semplice la conoscenza reciproca.
«Senza dubbio. Quando ero negli Charlotte Hornets nel 2015/16, abbiamo vinto 48 partite ed eravamo molto uniti. È incredibile quanto lo fossimo. Quando eravamo in trasferta, andavamo a mangiare fuori, a vedere film al cinema e passavamo tempo insieme. Era molto bello. Sembra simile adesso con i Lakers. Alcuni ragazzi ancora non si sono nemmeno visti, ma ci messaggiamo tutti cose tipo “Hey, come stai?” o “Hey ragazzi, mi sto allenando adesso, raggiungetemi”. C’è bisogno di questo spirito, e lo vedo in questo team.»
Infine, il neo #30 gialloviola non si sbottona su quale siano il piano estivo del gruppo per conoscersi meglio, come l’allenamento programmato dai nuovi membri dei Brooklyn Nets.
«Sicuramente abbiamo pensato a qualcosa del genere, ma ho intenzione di tenerlo per noi. Non so se vogliono che lo dica, ma sicuramente abbiamo pianificato qualcosa.»
«Quando ho ricevuto la chiamata, avevo un solo obiettivo in mente: vincere il titolo.»
— Cuore GialloViola (@cuoregv) July 18, 2019
Anche Troy Daniels ha le idee chiare su quale sia l'obiettivo per la prossima stagione dei Los Angeles Lakers.
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Daniels, come lo stesso Davis e Cook prima di lui, è convinto che i Lakers potranno lottare per l’anello. Molto dipenderà anche da quanto quegli atleti come lui, sapranno farsi trovare pronti nel momento del bisogno, riuscendo a sollevare parte del peso dalle spalle delle due star.
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