Ogni viaggio lo vivi tre volte: quando lo sogni, quando lo vivi e quando lo ricordi.
Anonimo
Il viaggio di Matteo Marchi – fotografo sportivo italiano di stanza a New York – è giunto alla seconda tappa, quella dove si cerca di vivere e godersi ogni momento. Il cammino dell’imolese è tutt’altro che scontato ed inizia nel 2002 fino ad arrivare ai giorni nostri, quando è fotografo ufficiale dei New York Knicks. La mecca degli appassionati di Boxe, Wrestling ed NBA, il Madison Square Garden, può essere considerata da Matteo un po’ come il suo ufficio, different point of view.
Sono partito per gli Usa inseguendo un sogno, per anni ho stretto i denti, ma non ho mai smesso di crederci.
Matteo Marchi, fotografo ufficiale dei New York Knicks
La redazione di LakeShow Italia ha avuto il piacere di intervistare Matteo Marchi, nell’occasione impegnato in Cina per immortalare i protagonisti dell’ultima FIBA World Cup.
© Matteo Marchi © Matteo Marchi
«Un italiano in America»
Il mondo della fotografia digitale offre sterminate soluzioni ai professionisti del settore. Ma qual è la vera difficoltà nel cogliere il momento perfetto, ad esempio in una schiacciata? Quanti scatti fai durante una partita e quanti ne selezioni alla fine?
«Lo scatto perfetto non esiste. Una cosa che per me è perfetta non lo è per un altro… e via dicendo. Lo scatto buono è quello che suscita qualche emozione in chi lo guarda: questa è l’unica chiave di lettura.»
«Il numero dipende se scatto in sequenza, usando la luce ambientale, oppure con i flash installati nel palazzo; nel primo caso oltre duemila a partita… Altrimenti massimo due-trecento scatti.»
Sei il solo fotografo dei Knicks o c’è un vero e proprio un team? Chi è il tuo diretto responsabile all’interno dell’organizzazione? Qual è la routine quando c’è una partita?
«Siamo un team di tre, quattro fotografi a seconda dell’importanza della partita e del momento della stagione. Io rispondo a MSG Photos, che è l’organo interno dell’azienda che gestisce l’archivio e tutto quanto ruota intorno alla fotografia al Madison Square Garden, che come potete immaginare non è solo basket ma anche hockey, concerti, eventi ecc.»
«Si inizia tre/quattro ore prima della partita con gli arrivi dei giocatori e tutto il setting. Poi passa alla gara vera e propria e tutto quello che ne consegue. Infine c’è l’editing delle foto, che nel mio caso specifico è seguito da un editor che prepara le foto che seleziono io direttamente dalla camera e le invia ai Knicks per i loro utilizzi (social, marketing, ecc.)»
© Matteo Marchi © Matteo Marchi
I Los Angeles Lakers hanno affidato a Joseph Sherman il ruolo di Social Media Manager. Può essere una figura a cui ambire? Quali oneri e quali onori comporta, secondo te, essere il SMM di una franchigia?
«Conosco Sherman perché lavorava a SLAM qui a New York prima di essere assunto dai Lakers. È una bravissima persona nonché grande artista e super fotografo.»
«Lavorare per una delle franchigie più prestigiose è un grande onore, ma comporta anche un enorme carico di lavoro e di pressione. Sì, spero anche io di lavorare esclusivamente per un team, ma mi limito alle fotografie. Tutto il resto non è esattamente il mio mestiere, diciamo.»
La foto a cui ti senti più legato e perché?
L’abbraccio tra Scola e Ginobili scattato in Cina pochi giorni fa è sicuramente la foto a cui sono più legato. Appena entrata in classifica è andata subito alla numero uno e lì resterà per un bel po’.
© Matteo Marchi
Matteo Marchi tra le stelle della NBA
C’è un giocatore che preferisci fotografare?
«Giannis e Klay Thompson sono i miei giocatori preferiti.»
© Matteo Marchi © Matteo Marchi
Cos’hai pensato la prima volta che hai avuto di fronte LeBron James?
«È stato tanto tempo fa, alle Olimpiadi di Londra 2012. E dal vivo mi accorsi che la TV non gli rendeva giustizia… Era molto più devastante di quello che sembrava.»
Da pochi mesi a Los Angeles è arrivato anche Anthony Davis, il miglior lungo della Lega?
«Sicuramente nella top three. Starà a lui adesso dimostrare di essere il numero uno.»
Hai mai conosciuto Kobe Bryant? Se sì, in quale situazione?
«Incrociato e fotografato varie volte, ma conosciuto mai. Bisogna essere veramente degli eletti per poter avere la possibilità anche solo di parlare con lui… Figuriamoci conoscerlo.»
© Matteo Marchi
Domanda da parte di un appassionato di maglie da gioco: la canotta più bella della NBA?
«Miami Heat, City Edition nera»
Qual è il palazzetto più “facile” e quello più “difficile” da fotografare e qual è l’arena in cui hai preferito lavorare?
«Al Barclays Center (Brooklyn Nets, ndr) si lavora molto bene, mentre al Madison Square Garden, causa anche il fatto che il palazzo è di concezione vecchia, gli spazi sono molto più costretti e lavorarci è… diciamo complicato.»
Hai partecipato ai Giochi Olimpici, ai Campionati del Mondo ed Europei. Differenze di organizzazione in genere e per il tuo lavoro tra FIBA e NBA?
«Sono due mondi diversi e non comparabili, metodologie di lavoro differenti. Tutte e due sono comunque organizzazioni di alto livello che valorizzano il lavoro di chi fornisce loro immagini di qualità.»
Matteo Marchi Matteo Marchi
Durante una chiacchierata Gigi Datome, mi disse che secondo lui lo STAPLES Center è il palazzo meno “caldo” della lega. Hai avuto anche tu la stessa sensazione?
«Mai stato allo STAPLES. Spero in futuro di poterci mettere piede!»
Avendoci anche lavorato, conosci bene la realtà di Basket City. Domanda da parte di un virtussino che convive con una fortitudina, quindi puoi capire bene qual è la situazione in alcuni casi. Anche negli Stati Uniti i “derby” sono vissuti così visceralmente?
«A parte qualche sfottò sui social, molto blando… la competizione non è neanche lontanamente paragonabile. Qua i derby sono quasi come le altre partite. Forse quest’anno i Brooklyn Nets cercheranno di dare fastidio ai Knicks, ma sono due galassie differenti. Come Lakers e Clippers.»
Perché il basket? Hai mai pensato di provare ad entrare nel mondo della NFL?
«Ho sempre lavorato nella pallacanestro… e qui vorrei restare.»
Riesci a goderti gli aspetti tecnici e tattici della partita mentre lavori?
«Si, certo, è necessario essere dentro la partita per capire quello che sta succedendo e soprattutto per prevedere quello che succederà, particolare importante per poter scattare foto decenti.»
LeBron James © Matteo Marchi
Un pronostico per la stagione 2019-20 e cosa pensi dei Lakers?
«Ancora troppo presto, direi che Lakers e Clippers sono le favorite. A est, occhio come sempre ai Bucks e direi anche Celtics.»
In quale arena c’è la miglior birra e qual è il tuo cibo preferito?
«Visti i prezzi e la qualità media, suggerisco di non mangiare e bere all’interno delle arene»
Riesci a seguire anche il basket italiano? Se sì, che squadra tifi?
«Sempre forza Andrea Costa Imola!!!!»
Grazie a nome di tutti gli appassionati che ci leggono, l’auspicio è quello di riaverti ancora tra noi.

In bocca al lupo per il prosieguo del tuo viaggio tra i giganti del Basket!
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