In copertina: General Manager Jerry West and Kobe Bryant of the Los Angeles Lakers at the Great Western Forum in Inglewood on July 12, 1997 (Juan O’Campo, NBAE via Getty Images)
Raccontare le gesta sul parquet di Kobe Bryant – deceduto nel tragico incidente sulle colline di Calabasas con la figlia Gianna ed altre sette persone – non è semplice. Impossibile scegliere le giocate più belle, più importanti o più decisive. Con indosso la canotta gialloviola numero 8 prima e 24 poi, The Black Mamba ha conquistato cinque titoli NBA, due premi di MVP delle NBA Finals, uno della regular season, due medaglie d’oro olimpiche, 18 convocazioni all’All-Star Game (con quattro MVP della partita) e collezionato una serie di giocate, record e prestazioni che rimarranno per sempre nelle memorie degli appassionati
La crew di LakeShow Italia ha deciso di ripercorrere la carriera della leggenda dei Los Angeles Lakers attraverso ventiquattro Mamba Moments, per un countdown tra i momenti più significativi di una carriera come pochissime nella storia del basket.
The Young Mamba
L’infanzia in Italia
Kobe Bean Bryant nacque il 23 Agosto 1978 a Philadelphia, all’epoca il padre Joe Bryant militava nei 76ers. Due anni dopo, Jellybean firmò con i Clippers e si trasferì famiglia al seguito sulla West Coast, destinazione San Diego.
Quella nella America’s Finest City fu la prima tappa del lungo viaggio che la famiglia Bryant percorse e che ebbe una lunga parentesi in Italia, con Bryant padre impegnato per sette stagioni tra Rieti, Reggio Calabria, Pistoia e Reggio Emilia.
Pamela Cox and Kobe Bryant, Rieti (Italy, 1984)
Oltre a trascorrervi l’adolescenza, nel Bel Paese il Bryant figlio muove i primi passi nel mondo del basket costruendo quel forte legame che lo accompagnerà per tutta la vita. Dalla passione per il calcio e per il Milan, alla padronanza della lingua italiana utilizzata più volte nei contesti più disparati. Tra gli altri, memorabili alcuni scambi in italiano con Sasha Vujačić.
Con il ritiro di Joe nel 1991, il tredicenne Kobe tornò a Philadelphia dove terminò gli studi presso la Bala Cywynd Middle School.
Kobe Bryant, Bala Cynwyd Middle School 1992 Yearbook (© Iconic Auctions)
Un liceale da record
L’anno seguente entra nella Lower Merion High School di Ardmore, sobborgo della Città dell’amore fraterno. Fin dalla stagione da freshman Bryant dimostra di avere delle capacità sopra la media, anche se i risultati di squadra non sono all’altezza del suo talento.
Nell’anno da junior le cifre (31.1 punti e 10.4 rimbalzi) ed il miglior record della scuola iniziato ad attirare su Kobe le attenzioni dei grandi atenei della NCAA. Dopo il 4-20 del primo anno, nel triennio successivo gli Aces vincono 77 gare a fronte di sole 13 sconfitte.
Mar. 29, 1995 © The Philadelphia Inquirer
La stagione 1995/96 è quella della consacrazione: The Young Mamba conduce con 30.8 punti, 12 rimbalzi e 6 assist la Lower Marion al primo titolo statale dal 1943, chiudendo la stagione con 31 vinte e 3 perse. Con 2.883 punti in quattro anni con indosso la canotta #33, superò il record realizzato da Wilt Chamberlain nel periodo da liceale.
Vedere un ragazzo della sua età già con la testa da professionista era sconvolgente: levatacce alle sei del mattino, ultimo ad andarsene dalla palestra.
Gregg Downer, coach della Lower Merion High School
Nelle cavalcata verso il titolo, in semifinale Kobe trascinò con 39 punti gli Aces al successo in overtime contro la Chester High School – riscattando l’eliminazione dell’anno precedente – mentre nella combattuta finale contro Cathedral Preparatory School di Erie si limitò a 17 punti.
L’annuncio
Forte dei numerosi riconoscimenti conquistati nell’anno da Senior e stimolato dalla analoga decisione presa l’anno precedente da un giovane prospetto della Farragut Academy, Kevin Garnett, il 26 Aprile 1996 Bryant convocò una conferenza stampa in cui ufficializzò la sua decisione.
Ho deciso di non andare al college e di portare i miei talenti direttamente in NBA.
© 6abc Action News Philadelphia
Eye Of The Tiger
Il cammino di Bryant verso il Draft prevedeva una serie di workout, di cui uno con i Los Angeles Lakers. Il deus ex machina della franchigia gialloviola, Jerry West, quando lo vide allenarsi per la prima volta se ne innamorò perdutamente.
Kobe svolse il primo provino a Inglewood YMCA insieme ad altri prospetti, che vennero sottoposti ai classici test riservati alle papabili scelte. West chiese a Bryant di affrontare in uno-contro-uno Michael Cooper, all’epoca quarantenne ma ancora in piena forma e membro del coaching staff dei Lakers.
Jerry mi disse: ‘Coop, gioca con lui. Spingilo, opponiti, lavoratelo e sii fisico.’
Michael Cooper
Quello che Larry Bird aveva incoronato come il miglior difensore mai affrontato, dovette fare i conti con la sfrontatezza dell’avversario, non ancora diciottenne.
Non c’era paura in lui, anzi. Credo la sfida fosse quello che stava cercando.
Aveva gli occhi della tigre.
Michael Cooper
Il cinque volte campione NBA, nonostante cercasse di essere il più aggressivo possibile, venne sopraffatto. Quando West spostò il duello in post basso, Cooper ebbe modo di verificare quanto Bryant fosse forte fisicamente. Ferito nell’orgoglio, il Defensive Player of the Year del 1987 confessò che per non venire completamente umiliato dovette ricorrere ai trucchi del mestiere più sporchi che conoscesse.
Sinceramente credo che Jerry già lo sapesse, quel workout fu solo la ciliegina sulla torta.
West aveva capito che quel ragazzo avrebbe fatto strada, sarebbe diventato un uomo-franchigia.
Michael Cooper
Nel secondo workout, Kobe disputò un’ora di uno-contro-uno contro Dontae’ Jones, reduce dalle Final Four NCAA disputate con Mississippi State. Nonostante Jones fosse più alto e robusto oltre che tre anni più grande, venne spazzato via fin dalla prima mezz’ora in cui Bryant doveva solo difendere.
The Logo ricordò quanto venne impressionato dal giovane Kobe nel suo libro West by West: My Charmed, Tormented Life.
Non ho mai visto in vita mia dei workout come quelli. Quando dissi di aver visto abbastanza, intendevo proprio quello. Avevo capito chi fosse solo guardandolo negli occhi.
Sapevo cosa voleva. Nonostante fosse appena diciassettenne, si capiva che Kobe era uno di quei talenti generazionali che avrebbero deciso le sorti di una franchigia per anni.
La sua feroce competitività non poteva essere costruita per strada o acquistata in un negozio, era innata. Kobe aveva la cattiveria necessaria per giocare ad alti livelli e possedeva il sangue freddo di un assassino.
Jerry West
Jerry West and Kobe Bryant at 2013 Global Games at the MasterCard Center in Beijing, China on October 14, 2013 (Andrew D. Bernstein, NBAE via Getty Images)
Le mosse di West
Una volta convintosi di avere trovato il futuro della franchigia, il General Manager dei californiani si mise al telefono alla ricerca della trade per salire nel Draft, dato che difficilmente sarebbe arrivato alla pick #24 detenuta dai Lakers (poi diventata Derek Fisher).
West prese due piccioni con una fava imbastendo uno scambio con gli Charlotte Hornets, che spedirono la scelta #13 in cambio di Vlade Divac. Congiunzione perfetta perché cedendo il contratto del centro serbo, Mr. Clutch liberò lo spazio salariale necessario per firmare Shaquille O’Neal, il grande obiettivo estivo di L.A.
West però non era soddisfatto della riuscita del suo piano. Se i Boston Celtics, nonostante l’ottimo provino sostenuto, sembravano intenzionati a bypassare Kobe per scegliere Antoine Walker da Kentucky, i New Jersey Nets di coach John Calipari erano intenzionati a sceglierlo dopo i tre workout svolti alla Fairleigh Dickinson University.
I fatti di quei giorni furono ricostruiti nel 2011 da Ian O’Connor di ESPN. In breve: dopo aver negato workout con altre franchige potenzialmente interessate come i Sacramento Kings, l’agente dell’epoca di Kobe, Arn Tellem, insieme alla famiglia di Bryant lasciarono intendere che anziché trasferirsi in New Jersey il loro protetto avrebbe preferito giocare in Italia. Un aiuto insperato giunse anche da David Falk, all’epoca agente di Michael Jordan, che fece pressioni su Calipari affinché i Nets scegliessero uno dei suoi assistiti, Kerry Kittles da Villanova. Missione compiuta.
26 Giugno 1996: NBA Draft, Rutherford
In uno dei draft più talentuosi e profondi di sempre – Allen Iverson, Marcus Camby, Shareef Abdur-Rahim, Stephon Marbury, Ray Allen, Antoine Walker le top six oltre a Steve Nash, Jermaine O’Neal, Peja Stojaković, Zydrunas Ilgauskas, Derek Fisher e Kerry Kittles – Kobe diventa il sesto giocatore di sempre e la prima guardia a passare direttamente dall’high school alla NBA saltando il college.
gli Charlotte Hornets scelgono Kobe Bryant dalla Lower Merion High School
© NBA Media Ventures, LLC.
Il resto è storia. Ma di questo, ne parleremo in un altro Momento.
La ricostruzione di quel momento, con tante foto dell’epoca e la voce del nostro Mammut.
Mamba Moments
- Mamba Moments #23: il primo duello con Michael Jordan
- Mamba Moments #24: il game-winner contro Boston
Remembering Kobe Bryant
Leggi L’ultimo Kobe: la famiglia, l’Oscar, i libri, l’Academy, l’ultima intervista prima della tragica scomparsa.
Ascolta Il mio miglior Nemico, l’episodio commemorativo di Lakers Speaker’s Corner dove la crew di LakeShow Italia ha deciso di celebrare il Black Mamba chiedendo ai tifosi italiani delle squadre NBA di raccontarci il loro Kobe attraverso ricordi, storie ed emozioni legate alle loro franchigie e al basket americano in generale.
Leggi Dear Kobe… We’ll miss you., l’intimo ricordo della redazione di LakeShow Italia al completo.
Ascolta Dear Kobe…, l’episodio di Lakers Speaker’s Corner registrato il giorno dopo la la tragedia che ha sconvolto il mondo gialloviola, L.A. e tutta la NBA.
Guarda Dear Kobe… Thank You, il video tributo di LakeShow Italia.
NBA & Lakers on the couch, minors & post on the court. 1987, Showtime!