In copertina: Kobe Bryant goes up for one of his slam dunks that won first place in the NBA All-Star Slam Dunk Contest at Gund Arena on February 8, 1997 in Cleveland, Ohio (Andrew D. Bernstein, NBAE via Getty Images)

Dopo la stellare carriera alla Lower Merion High School e la tredicesima scelta all’NBA Draft del 1996, Kobe Bryant firmò un contratto triennale da 3.5 milioni di dollari con i Los Angeles Lakers. Tuttavia, l’avventura tra i pro del rookie gialloviola non partì sotto i migliori auspici.

I dubbi di coach Harris

«In tutta sincerità, non ero d’accordo nel cedere Divac per un rookie. Già avevamo un team giovane, ho davvero odiato cedere Vlade.»

Del Harris

Oltre a non condividere la scelta del General Manager Jerry West di scambiare Vlade Divac per Kobe – nonostante la trade creò lo spazio per la firma di Shaquille O’Neal -, coach Del Harris ruppe la tradizione decidendo di affiancare l’assistente Larry Drew alla guida della squadra della Summer League, in modo tale da poter essere più vicino a Bryant e all’altro rookie Derek Fisher.

L’ancora diciassettenne figlio di Jellybean debuttò alla 1996 Summer Pro League nell’allora Long Beach State Pyramid il 13 Luglio 1996 contro i Detroit Pistons. Kobe giocò 26 minuti mettendo a referto 27 punti con 4/10 dal campo e 18/20 dalla lunetta, 2 rimbalzi e 5 perse.

Nonostante si trattasse di una gara quasi priva di competitività, le giocate del Young Mamba colpirono molti dei presenti. Kobe mise subito in mostra le sue capacità di battere l’avversario e raggiungere il ferro.

«Credo che il ragazzo sia un atleta fenomenale. Non voglio paragonare nessuno a Jordan, ma alcune sue giocate sono jordanesche.»

«Come tira, il suo ball-handling, la sua presenza in campo. Si vede che ha bisogno solo di esperienza. Non ho mai visto nel suo ruolo un giocatore migliore di lui alla sua età.»

Coach Alvin Gentry, all’epoca assistant coach dei Detroit Pistons

Persino Harris, criptico, dovette ammettere che il ragazzo avesse qualcosa di speciale.

«Questa è la Summer League, per nulla paragonabile alla NBA. Ma si tratta di un passaggio intermedio tra il college e i pro. Non vuol dire nulla, ma significa qualcosa…»

Del Harris

Mentre il diretto interessato, dimostrò ancora una volta quanto fosse consapevole dei propri mezzi e del talento che aveva ricevuto in dono.

«Come mi sentivo? Solo un po’ di tensione nervosa, volevo togliermi questo peso, volevo dimostrare a tutti che posso stare in campo.»

Kobe Bryant

I problemi fisici

Dopo la sfida contro i Pistons, i Lakers giocarono contro una selezione della Cina e un team misto Warriors / Pacers, Kobe mise a segno rispettivamente 22 e 15 punti. Nell’ultima gara del torneo, contro i Phoenix Suns, chiuse con 36 punti (9/22 al tiro e 17/21 ai liberi), 5 assist e 7 perse in 38 minuti.

Bryant chiuse la prima settimana in gialloviola con 25 punti e 5.8 rimbalzi a partita, tirando dalla lunetta con l’83.6%. L’ascesa di Kobe venne interrotta da un infortunio al polso sinistro, che gli fece saltare cinque settimane di allenamenti.

Il numero 8 saltò la gara di preseason dell’11 Ottobre ad Honolulu contro Denver, per poi esordire il 16 a Fresno contro Dallas (10 punti, 5 rimbalzi e 2 assist). Due giorni dopo, al The Great Western Forum, sotto gli occhi di mamma Pamela contro la sua Philadelphia (11 punti) si infortunò nuovamente, questa volta al flessore dell’anca sinistra.

3 Novembre 1996: il debutto NBA

Gli infortuni lo costrinsero a saltare, oltre al resto della preseason, l’opener contro Phoenix. Due giorni dopo Bryant esordì nella gara casalinga contro Minnesota, diventando a 18 anni e 72 giorni il più giovane esordiente nella storia della Lega. Kobe restò in campo appena 6 minuti e 22 secondi, giusto il tempo di sbagliare un tiro, catturare un rimbalzo e stoppare un avversario.

Il 5 Novembre, contro New York al Madison Square Garden, giocò ancora meno (3:26) ma riuscì a segnare dalla lunetta il primo punto della sua carriera. Ventiquattrore dopo segna a Charlotte i primi due canestri dal campo. L’8 Novembre a Toronto, in una gara punto a punto, raggiunge per la prima volta la doppia cifra sia nei minuti giocati (17:15) che nei punti segnati (10 con 3/8 dal campo e 2/3 dall’arco) convincendo persino Harris a schierarlo nell’ultimo possesso della gara.

Un anno difficile

Ma l’amore tra Bryant e il Coach of the Year del 1995 non sboccia. Quella che sembrava destinata ad essere una rapida ascesa si trasforma in un calvario per il giovane Kobe, come ebbe modo di confermare anni dopo.

«Quando ero un rookie, odiavo Del.»

Kobe Bryant

Dopo aver messo a referto il career-high (16 punti con 4 triple a segno) in casa dei Suns il 16 Novembre, la matricola scomparve dalle rotazioni. La prima amarezza della sua giovane carriera furono i soli 10 minuti concessi nella prima sfida contro la Chicago della sua fonte d’ispirazione, Michael Jordan.

Nei primi due mesi di regular season, nelle 31 gare disputate dai Lakers Bryant scese in campo solo 23 volte mettendo referto 4.6 punti in poco più di dieci minuti a partita, tirando con solo il 37.9% dal campo. Oltre ai titolari Nick Van Exel ed Eddie Jones (entrambi oltre i 37 MPG), alla tredicesima pick venivano preferiti anche il veterano Byron Scott e l’amico rookie Fisher.

Gennaio fu il miglior mese (11.1 punti con 47.3% dal campo, 2.7 rimbalzi e 1.3 recuperi in 20.7 minuti a partita) del primo anno tra i pro di Bryant, che andò in doppia cifra in 6 delle 13 gare disputate. Kobe ritoccò il suo career-high (21) nella vittoria di Sacramento del 3 Gennaio 1997, eguagliandolo poi due settimane dopo contro Detroit. Il 28 a Dallas divenne il più giovane starter di sempre.

8 Febbraio 1997: All-Star Saturday

Rinfrancato dalla maggiore – apparente – fiducia ricevuta, Bryant approdò all’All-Star Weekend in programma a Cleveland.

La prima apparizione di Kobe nel fine settimane delle stelle fu al Rookie Challenge Game, dove partecipò insieme ai compagni Fisher e Travis Knight. The Eighth Man si mise subito in mostra segnando 31 punti in 26 minuti, record per la competizione.

L’essere il top scorer della gara – complice la sconfitta del team della Western Conference – non gli bastò per conquistare il trofeo di MVP, che venne assegnato ad Allen Iverson. Il pubblico dell’allora Gund Arena non condivise la scelta e fischiò l’annuncio della giuria. The Answer se la legò al dito giurando vendetta.

«Probabilmente il pubblico pensava che Kobe avrebbe dovuto vincere l’MVP. Questa è la loro opinione. Martedì giocheremo a Cleveland e non vedo l’ora di giocare contro i Cavaliers. In vita mia non sono mai stato fischiato quando ho giocato duro.»

Allen Iverson

Slam Dunk Contest

Kobe si rifece poco dopo nella Slam Dunk Competition. Per la prima schiacciata scelse una reverse ad una mano, seguita da una bimane rovesciata che gli valse l’accesso alla finale contro Michael Finley e Chris Carr.

Bryant conquistò il primo trofeo della sua carriera grazie ad una schiacciata ad un mano dopo aver fatto passare il pallone tre le gambe, che i giudici – Julius Erving, Walt Frazier, George Gervin, Bob Lanier e Lisa Leslie – premiarono con 49 punti.

La sua reazione, divenne il primo dei tanti momenti iconici che costelleranno la sua carriera.

«Non sapevo cosa fare se non mostrare i muscoli. Non lo farei mai in una gara, ma solo in un’esibizione.»

«Vincere lo slam-dunk contest era qualcosa che ho sempre sognato fin da quando ero bambino.»

Kobe Bryant

La difficile stagione di Kobe Bryant

Le ottime prestazioni dell’All-Star Weekend non mutarono, di fatto, il ruolo di Kobe nelle rotazioni lacustri. Nelle 32 gare del post ASG giocò 16.8 minuti con 8.3 punti a partita. L’8 Aprile in casa degli Warriors mise a referto 24 punti (9/11 al tiro, 2/3 dall’arco, 4/7 ai liberi) con 2 rimbalzi e 3 assist.

Inoltre, sono 11 le partite senza punti a tabellino, 19 le gare con due o meno tiri tentati dal campo e in 25 occasioni è stato impiegato per meno di dieci minuti.

Bryant chiuse la stagione con 7.6 punti (41.7% dal campo, 81.9% dalla lunetta), 1.9 rimbalzi e 1.3 assist in 15.5 minuti nelle 71 gare giocate venendo inserito nell’All-Rookie Second Team insieme al compagno Knight.

The Airball Game

I Lakers chiusero la stagione con 56 vittorie, conquistando il quarto seed della Western Conference. Al primo turno affrontarono i Portland Trail Blazers, superandoli 3-1. Kobe giocò poco più di 10 minuti complessivi con 8 punti a segno nelle 3 vittorie gialloviola, ma si mise in mostra nella sconfitta di Gara 3 quando realizzò 14 dei suoi 22 punti nell’ultimo quarto, riportando sotto i suoi (da -29 fino al -6). Era dal 1984 (Byron Scott) che un rookie angeleno non segnava così tanto ai playoff.

Nelle Western Conference Semifinals, affrontarono gli Utah Jazz forti del secondo record della Lega (64-18, dietro ai soli Bulls). Nelle prime due gare nella città dei mormoni, Bryant giocò poco ed incise meno. Al ritorno in California segnò 19 punti nel successo di Gara 3, mentre affondò con tutti i compagni (Shaq escluso) in quella successiva.

Il 12 Maggio 1997, nell’elimination game di Salt Lake City, il rookie iniziò male (0/5 nei primi tre quarti) ma contribuì nell’ultimo quarto, segnando tre canestri dal campo ed altrettanti dalla lunetta senza commettere errori. Con O’Neal fuori per falli a 1:46 dalla fine della gara, Robert Horry espulso e Scott assente per infortunio, i Lakers si affidarono al numero 8.

«Nick e Eddie non riuscivano a produrre, per questo ho dato la palla nelle mani dell’unico in grado di costruirsi un tiro in quella situazione: Bryant.»

«Abbiamo affidato il possesso decisivo a Kobe, se avesse segnato avremmo vinto, altrimenti saremmo andati all’overtime. Nonostante abbia solo 18 anni, abbiamo avuto fiducia in lui.»

Del Harris

Il sogno diventò ben presto un incubo. Dopo aver tramutato in un airball il possibile buzzer-beater, Kobe si ripeté nell’overtime tirandone altri tre dalla lunga distanza, di cui un paio wide open.

Nel post partita, sia gli avversari…

«Mi hanno sorpreso la sua tranquillità e il suo coraggio. Sono esperienze che ti servono, impari dai tuoi errori. Non saprai mai se sei in grado di segnare quei tiri finché non te li prendi.»

Jeff Hornacek

…che i compagni…

«Gli ho detto: “Lo sai, hai tirato quattro airball e ora vedi tutta questa gente che ride di te. Ricordatelo quando giocheremo di nuovo contro di loro l’anno prossimo… E vedrai che non sbaglierai.”»

«Non mi ha sorpreso che abbia preso quei tiri, era l’unico in campo con abbastanza fegato per provarci.»

Shaquille O’Neal

…riconobbero quanto fosse stato difficile prendersi quelle responsabilità.

Il diretto interessato incassò…

«Ho preso dei buoni tiri… Solo che non li ho segnati…»

Kobe Bryant

…traendo ulteriori motivazioni per lavorare in vista della stagione successiva. Da subito. Infatti al rientro ad L.A. contattò un amico e andò ad allenarsi fino al giorno dopo nella palestra della Palisades Charter High School.

Una stagione difficile costellata da poche luci e tante ombre, con l’unica versa soddisfazione all’All-Star Weekend. Che fosse un atleta sopra la media, Kobe lo mise in chiaro fin da subito e nel corso degli anni ha collezionato giocate sensazionali, come le schiacciate contro Yarbrough, Garnett, Howard[3] e fino a quella contro i Nets.

Nel corso della carriera Bryant avrà modo di riscattarsi sia contro Utah che nel crunch time in assoluto, ma di questo… Ne parleremo in un altro momento.

La ricostruzione di quel momento, con tante foto dell’epoca e la voce del nostro Mammut.

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Raccontare le gesta sul parquet di Kobe Bryant non è semplice. Impossibile scegliere le giocate più belle, più importanti o più decisive. Con indosso la canotta gialloviola numero 8 prima e 24 poi, The Black Mamba ha conquistato cinque titoli NBA, due premi di MVP delle NBA Finals, uno della regular season, due medaglie d’oro olimpiche, 18 convocazioni all’All-Star Game (con quattro MVP della partita) e collezionato una serie di giocate, record e prestazioni che rimarranno per sempre nelle memorie degli appassionati

La crew di LakeShow Italia ha deciso di ripercorrere la carriera della leggenda dei Los Angeles Lakers attraverso ventiquattro Mamba Moments, per un countdown tra i momenti più significativi di una carriera come pochissime nella storia del basket.


Remembering Kobe Bryant

NBA & Lakers on the couch, minors & post on the court. 1987, Showtime!

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