Da leggere ascoltando Get Back (1969) dei Beatles.

Nel secondo atto delle serie contro gli Houston Rockets, i Los Angeles Lakers hanno riscattato la pietosa Gara 1 mettendo in piedi una buona partita, almeno per tre quarti, e riportando in pari la serie.

Con il contributo di Giuseppe Critelli e Luca Novo, analizziamo alcuni degli aspetti chiave di Gara 2.

* Tutte le clip video, salvo diversa indicazione, sono di proprietà della NBA e sono utilizzate a scopo divulgativo senza intenzione di infrangere copyright © NBA Media Ventures, LLC.

Game of Zone

Il disastroso piano difensivo di Frank Vogel in Gara 1 è stato prontamente riscattato da un game plan che nel secondo match è sembrato efficace e condiviso, oltre che compreso, dai giocatori.

I Lakers hanno giocato tanti minuti di zona 3-2 e il beneficio è stato evidente: la frontline di tre uomini ha limitato la ricerca dei mismatch a James Harden ed in generale di giocare uno contro uno per poi entrare in area. Questo tipo di difesa ha consentito ad un rim protector di presidiare il pitturato, pertanto il Barba si è trovato ad affrontare due gradi di complessità che gli hanno reso difficile accendere la miccia ai tiratori di Houston.

Jeff Green viene respinto con perdite.

Per rendere la vita impossibile ad Harden e migliorare la mobilità difensiva, Vogel ha abbassato il quintetto sacrificando Dwight Howard (DNP) e accettando di perdere forza a rimbalzo.

L’altro rischio corso è stato quello di lasciare corner three ai texani, maestri nel fondamentale, ma le rotazioni di L.A. stavolta non sono state cosi negative ed hanno permesso di rendere sostenibile questa difesa.

Double Effort

Un ulteriore aggiustamento proposto da Vogel per arginare The Beard è stato quello di raddoppiare senza un approccio sistematico, tentando di rendere più difficoltose le lettura in uscita di Harden e dei Rockets in generale.

I Lakers sono riusciti cosi a togliere la palla dalle mani del numero 13 e a rallentare il ritmo con il quale i texani hanno attaccato. Storicamente le squadre di Mike D’Antoni devono per forza di cosa muovere rapidamente uomini e palla per essere efficaci, costringerli a leggere l’uscita della palla dal raddoppio ha in qualche modo bloccato il meccanismo offensivo di Houston.

Il Baffo però ha letto bene la situazione e nel terzo quarto Houston è tornata veementemente in partita.

Nel terzo quarto le contromosse di D’Antoni hanno consentito ai Rockets di chiudere con uno spaventoso 9/12 da tre.

I texani hanno cercato di attaccare con più frequenza nei primi secondi del cronometro e hanno sfruttato meglio i 4 contro 3 generati dai raddoppi dei Lakers. In diversi possessi abbiamo visto il primo giocatore che riceve il pallone dopo il raddoppio tagliare verso il centro e scaricare negli angoli, costringendo gli esterni gialloviola a prendere delle scelte difficili.

Con ogni probabilità vedremo questa soluzione anche in Gara 3. Sarà determinante in questo senso la reattività di Russell Westbrook e la sua capacità di leggere l’attacco in situazioni di vantaggio numerico.

Trend offensivi

Nelle prime due gare Anthony Davis è stato sontuoso in attacco, ma verosimilmente la necessità dei californiani di aumentare il ritmo in attacco ha portato il monociglio ad over performare. Ovviamente la preoccupazione in circostanze come questa è sulla sostenibilità di quanto sta accadendo.

In stagione Davis ha giocato 5.1 possessi in post up per partita, producendo 0.9 punti per possesso (44esimo percentile). Nella post season i possessi sono calati mentre i punti sono saliti ad 1.32, che lo rendono sostanzialmente il migliore della NBA nel fondamentale.

Nei nostri contenuti abbiamo sempre sostenuto l’idea che AD potesse giocare in post ma che dovesse farlo arrivandoci in situazioni dinamiche, soprattutto in fase di ricezione. L’eye test non evidenzi – ad eccezione della maggiore aggressività del prodotto di Kentucky – nessuna nuova situazione preparata in tal senso coaching staff. Plausibile che Trail Blazers prima e Rockets poi non siano riusciti ad impensierire AD, che sta facendo praticamente quello che vuole nella situazione specifica.

La musica potrebbe cambiare in una eventuale Finale di Conference, in particolare contro i concittadini che hanno in Kawhi Leonard un uomo capace di togliere a Davis la possibilità di fronteggiare il ferro.

Dear Frankie, è il caso che in questo senso qualcosa la si faccia.

Welcome back Mr. Deadshot!

In termini di numeri, sorprende anche il redivivo Danny Green. Il due volte Campione NBA in spot up rispetto alla stagione regolare sta tirando di più (4.3 contro 3.3 possessi per gara) e i punti per possesso sono saliti a 1.4 (84esimo percentile). Non male per un giocatore su cui stanno piovendo critiche fin dalla prima partita nella bolla di Orlando.

Houston Rockets' Russell Westbrook battles against Los Angeles Lakers' Danny Green, left, during the first half of an NBA conference semifinal playoff basketball game Sunday, Sept. 6, 2020, in Lake Buena Vista, Fla.
Danny Green and Russell Westbrook (Mark J. Terrill, AP Photo)

The Brow vs. Pops

Dopo la sconfitta dell’esordio, uno dei temi che ha fatto discutere è stato il matchup tra Anthony Davis e P.J. Tucker.

Nonostante l’ottima prova in assoluto del #3 gialloviola, solo 2 dei suoi 25 punti sono arrivati contro il centro dei Rockets (Fonte Matchup da NBA.com). La risposta di The Brow è stata quella dei grandi campioni e in Gara 2 ha unito al suo talento grande aggressività e presenza mentale.

AD ha cercato di sfruttare la sua agilità e attaccare in modo più veloce e deciso non appena ha ricevuto il pallone. Davis trae vantaggio dal ritmo sostenuto con cui LeBron entra nell’azione e non appena riceve lo scarico senza esitazione batte il cloesout di Tucker andando verso il ferro, dove nessun avversario può arrivare a contestare il tiro.

Contro ogni closeout di Tucker ed in generale in ogni situazione dinamica, Davis ha fatto valere la maggiore velocità nei confronti dell’avversario.

La partita di AD è stata mostruosa anche in uno contro uno partendo da fermo. All’incredibile talento tecnico ha aggiunto la volontà di andare ad assorbire i contatti di Tucker senza subirli passivamente. Questo gli ha permesso di lasciare partire il suo splendido fadeaway in ritmo e da posizione più vicino al ferro.

Dribble, Spin Move, Pump Fake, Fadeway.

Contro un avversario duro come il 17 dei Rockets è necessario sporcarsi le mani. AD ha usato la sua agilità unità ai suoi centimetri per tenere Tucker il più possibile lontano dai rimbalzi offensivi, e allo stesso modo è stato in grado di effettuare giocate decisive sotto il canestro dei Rockets, come nel finale di gara in cui ha recuperato l’errore di Danny Green per trasformarlo in un facile layup.

Verticalità e senso della posizione.

Series Coverage

Game Recap:

Analisi Post Partita:

Lakers Speaker’s Corner: Ep. 038 – Small Goal

Ingegnere, partenopeo disperso tra le Alpi svizzere, world traveler. Ho cominciato con Clyde Drexler per finire ai Lakers. Everything in its right place, no?

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