“You can be kind to the one that you love”

Da leggere ascoltando Be Kind (2020) di Marshmello feat. Halsey.

Dopo il netto successo di Gara 1, i Los Angeles Lakers hanno battuto i Denver Nuggets in Gara 2 grazie al buzzer-beater di Anthony Davis. In Gara 3 i gialloviola – dopo essere stati sotto anche di venti punti – hanno provato una disperata rimonta nell’ultimo quarto, vanificata dalle prodezze di Jamal Murray.

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Second Quarter Flop

by Luca Novo

Il momento che ha svoltato l’inerzia di Gara 2 dalla parte dei Nuggets è stato l’inizio del secondo quarto. Dopo l’equilibrio della prima frazione, il break di 15-2 in soli 3 minuti di gioco, avvenuto inoltre con Jokic in panchina, ha spezzato le gambe ai Lakers.

Small ball lineup

La lineup schierata da Vogel durante il parziale è composta da Rondo, Caruso, Kuzma, James e Morris. Quintetto nato nel secondo atto della serie contro i Rockets, nel momento in cui è stato escluso Dwight Howard dalle rotazioni. Schierato all’inizio dei quarti pari, è stato determinante nella serie contro i texani producendo un Net Rating di +37.8.

Per la serie contro Denver, nonostante il rientro di Howard, Vogel conferma il quintetto small scegliendo di far ritardare l’ingresso in campo di Superman in contemporanea al rientro di Jokic. In Gara 1 la scelta si rivela vincente, i gialloviola trovano canestri facili grazie a tiri rapidi costruiti ad inizio azione e agli attacchi di LeBron James al ferro avversario.

I Lakers aprono il secondo quarto con un parziale di 9-0 in due minuti, che li lancia verso l’ampia vittoria.

Gara 2 rappresenta una prima inversione di rotta. I quintetti delle due finaliste non cambiano, i Nuggets reggono nel secondo quarto e ad inizio quarto periodo sembrano trovare la strada per inceppare l’attacco small lacustre rendendo i gialloviola un jump shooting team.

Il quintetto Rondo, Caruso, Kuzma, James e Morris chiude Gara 2 con -5 di Plus/Minus.

Il parziale di Gara 3

Le avvisaglie di Domenica si confermano in pieno nel terzo episodio della serie. Il 15-2 di inizio secondo periodo lancia Denver sul +15 e scava un solco che i Lakers non riescono più a colmare se non con la disperata reazione nel finale.

La strategia di coach Michael Malone è riempire l’area il più possibile per non concedere spazio al ferro a LeBron, il tutto unito a molta attenzione nelle transizioni negative per non concedere tiri rapidi ad alta percentuale. In questo contesto l’attacco lacustre si mostra parecchio distratto incorrendo in diverse palle perse.

I tre ball handler Rondo, Caruso e James a turno commettono evitabili turnover.

L’attacco delle pepite si basa su una strategia altrettanto semplice: attaccare la pessima serata di Markieff Morris ed esporne i limiti nelle letture e nella mobilità laterale.

Murray e Monte Morris attaccano Kieff non appena ne hanno possibilità.
Il numero 88 è inoltre distratto, perde l’uomo sia sul tagliafuori che nelle rotazioni.

Aggiustamenti in vista?

La prima sconfitta in una serie rappresenta il momento in cui un coach solitamente decide di cambiare strategia.

La small lineup nella serie ha un Net Rating di -41.2. Il Plus/Minus di Morris è impietoso: -16 quando è schierato da centro, +8 quando gioca vicino a un lungo di ruolo. È ipotizzabile immaginare coach Frank Vogel adeguare le rotazioni in modo da avere in campo sempre un centro di ruolo oppure la coppia James-Davis.

Personalmente non sarei sorpreso di vedere Morris nello starting five in modo da utilizzarlo “da 4”. E di conseguenza spostare i minuti di JaVale McGee contro Plumlee oppure durante i riposi di Murray per non esporlo sul pick-and-roll del canadese.

Chi si rivede!

by Filippo Pugnalini

È proprio il caso di dirlo: guarda chi si rivede!

Dopo Gara 5 contro Houston i Lakers non avevano praticamente più difeso a zona, anche perché effettivamente non ce ne era stata la necessità. Gara 1 è terminata presto, mentre nell’ultimo quarto di Gara 2 la sfida si è giocata più sul piano nervoso che tattico. Ciò ha consentito al coaching staff lacustre di non utilizzare tutte le proprie armi difensive e conservare qualche asso nella manica.

Go zone, go

Perché utilizzare la zona? E perché proprio la 3-2? La zona è principalmente un’arma tattica che, se usata con criterio, consente di manipolare il ritmo del gioco e disinnescare molte armi dell’attacco, tra cui il pick-and-roll e alcuni tipi di Motion Offense.

I rebus, in casa Lakers, sono stati Jamal Murray e Nikola Jokic, che con le loro combinazioni hanno causato più di un mal di testa alla franchigia californiana. L’obiettivo dello staff era quello di presentare uno schieramento difensivo sempre diverso ai Nuggets, in modo da costringerli a pensare un secondo più del necessario. Inoltre, i gialloviola hanno aumentato notevolmente la loro intensità pressando con costanza Jokic quando si trovava lontano da canestro.

I Lakers prima ostruiscono la penetrazione di Murray, poi chiudono ogni linea di passaggio per i giocatori del Colorado.

Alta intensità, alta flessibilità

Un altro vantaggio determinato dalla difesa a zona è stato quello di congestionare l’area, in modo tale che le guardie (e Jokic) avessero una ridotta visione del canestro. Con la 3-2 Vogel ha schierato un uomo in punta (Rondo o Caruso) e due ai lati, lasciando i lunghi James e Davis sotto le plance pronti a fermare eventuali penetrazioni.

Tale disposizione ha consentito a LeBron James e Rajon Rondo di effettuare roaming efficaci. Il veterano ex Celtics ha pressato il portatore di palla, mentre il quattro volte MVP ha ruotato dal lato debole per proteggere il ferro da tagli e penetrazioni.

Nella prima azione i Lakers chiudono completamente l’area, nella azione successiva c’è la rotazione di James che stoppa Millsap

Avremo fatto bene?

Tirando le somme, la mossa di Vogel ha pagato dividendi nel breve periodo, poiché ha permesso ai Lakers di ritrovare punti in transizione e soprattutto fiducia nella propria difesa, ma l’altra faccia della medaglia non è molto esaltante.

Se da un lato hanno quasi recuperato una partita data per persa, dall’altro hanno permesso agli avversari di vedere uno dei jolly difensivi ancora inutilizzato, dandogli così la possibilità di analizzare le situazioni che hanno inceppato l’attacco e preparare gli aggiustamenti in vista di Gara 4.

Not So Clutch

by Giuseppe Critelli

I Los Angeles Lakers hanno perso solo tre partite dall’inizio dei playoff. Fin qui, dunque, la cavalcata della compagine di Frank Vogel è da considerarsi estremamente positiva. La squadra gialloviola ha spesso e volentieri stritolato i propri avversari grazie al dominio tecnico e fisico delle sue star e ad un’organizzazione difensiva di primissimo livello. Raramente, dunque, i Lakers si sono ritrovati a battagliare con i propri avversari nei minuti finali delle partite, avendo già accumulato un vantaggio rassicurante nei tre quarti precedenti.

I numeri dei Lakers nel crunch time

Ma cosa è successo, invece, quando sono arrivati punto a punto nei secondi conclusivi dell’incontro? In questi playoff nelle situazioni cosiddette clutch, ovvero quando negli ultimi 5 minuti il differenziale è inferiore a 5 punti, i Lakers hanno un Net Rating di -17.9 con un Offensive Rating di 78.9!

Due delle tre sconfitte maturate nel corso della post season sono arrivate proprio nel crunch time (Gara 1 contro Portland e gara 3 contro Denver). Come è facile ipotizzare, i numeri dei gialloviola in the clutch sono di gran lunga i peggiori tra quelli delle quattro squadre rimaste ancora in corsa; anzi l’attuale rivale dei Lakers, i Denver Nuggets, è una compagine letale nei minuti conclusivi (Net Rating +26.4) con Murray e Jokic capaci di alzare ulteriormente il proprio rendimento.

Process Over Results

Ma come si spiega questa situazione verificatasi anche in Gara 3? Ci sono due tipi di problemi a mio avviso: il primo riguarda le scelte offensive, il secondo attiene alla capacità dei role player di segnare i tiri aperti.

Difficile costruire un tiro migliore di questo.

Una delle qualità migliori di LeBron James nei finali di gara è la sua capacità di scegliersi il mismatch giusto, forzando un cambio sul difensore che lui ritiene più debole, per poi bullizzarlo a suo piacimento.

Fin qui, però, questa situazione si è vista poche volte. Troppo spesso, infatti, James ha cercato altre soluzioni provando, ad esempio, dei tiri in step back da tre o un semplice pullup.

In questi playoff LeBron James è ancora 0/6 in the clutch.

Intendiamoci, sono conclusioni che LeBron può mandare a bersaglio e lo ha già fatto in passato in partite importantissime, ma non rappresentano le scelte migliori per l’attacco dei Lakers. L’ideale, soprattutto in una serie contro i Nuggets, sarebbe provare a forzare un cambio contro Murray o Jokic e da lì attaccare il ferro (LeBron sta tirando con il 68%  in situazioni di drive to the basket).

Too easy.

Step Up!

La scelta di Denver, come quella di quasi tutte le squadre che affrontano i Lakers, è di riempire l’area per evitare che James o Davis possano segnare canestri facili nel pitturato. In questo modo si creano tante opportunità per i role player gialloviola che, come ampiamente prevedibile, vengono letteralmente sfidati al tiro.

E qui veniamo all’altro problema cronico della squadra di Vogel in the clutch: le percentuali ondivage dei propri role player quando la palla scotta davvero.

L’immagine del brutto finale di gara 4.

Se escludiamo Danny Green, che comunque non sta attraversando un grande momento di forma, quasi tutti i comprimari gialloviola non hanno esperienza a questi livelli. L’insicurezza e il conseguente tiro sbagliato da Kuzma rappresentano, da questo punto di vista, il manifesto perfetto delle incertezze che stanno affrontando e dovranno ancora affrontare i “gregari” dei Lakers. Se arriverà fino in fondo, la compagine californiana vivrà necessariamente altre partite decise punto a punto e allora dovrà essere brava a migliorare scelte e percentuali. Da qui passano le sue speranze di titolo.

Series Coverage

La Preview delle Western Conference Finals:

Game Recap:

Analisi Post Gara:

Lakers Speaker’s Corner: Ep. 40 Big Shot Brow

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