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Da leggere ascoltando Can’t Stop (2003) dei Red Hot Chili Peppers.

In Gara 6 delle NBA Finals, dopo dieci lunghissimi anni, i Los Angeles Lakers hanno conquistato il diciassettesimo titolo della loro storia battendo i Miami Heat. Per la quarta volta in carriera, LeBron James è stato nominato MVP delle finali.

* Tutte le clip video, salvo diversa indicazione, sono di proprietà della NBA e sono utilizzate a scopo divulgativo senza intenzione di infrangere copyright. © NBA Media Ventures, LLC.

Punk and Gold

by Giuseppe Critelli

Ci sono diversi elementi ricorrenti in una squadra campione NBA. Uno dei più caratterizzanti è la capacità di azzannare le partite al momento giusto, senza dare la possibilità all’avversario di reagire.
Negli ultimi anni è diventato famoso, ad esempio, il terzo quarto degli Warriors. Era proprio in quel frangente che la compagine di Steve Kerr solitamente decideva di alzare l’intensità e puntualmente demoliva le proprie rivali a suon di triple e canestri in transizione.

I Los Angeles Lakers neo campioni NBA non hanno lo stesso firepower di Golden State, ma sono in grado comunque di alimentare la propria energia vitale in altri modi, ovvero grazie alle giocate difensive e all’imposizione di un dominio fisico che alla lunga diventa insostenibile per gli avversari. Il secondo quarto di gara 6 delle Finals, con il quale hanno inferto il colpo letale agli Heat, rappresenta da questo punto di vista il manifesto ideologico della squadra di Vogel.

Late clock

Uno dei principi fondamentali dell’impianto difensivo dei Lakers è la protezione del ferro. Anche in assenza dei propri centri di ruolo Howard e McGee, la squadra gialloviola ha svolto questo compito in maniera egregia. Il parziale decisivo di 36-16 nel secondo quarto è stato costruito partendo proprio da una rim protection puntuale e per molti versi demoralizzante.

Rispetto alla deludente gara 5 i Lakers sono stati molto bravi a fare entrare gli Heat più tardi nei loro giochi offensivi. Ci sono riusciti pressando Butler a tutto campo e negando quelle ricezioni di Duncan Robinson in uscita dai blocchi che tanto male avevano fatto ai lacustri nel precedente episodio della serie.
In questo modo Miami è stata spesso costretta ad attaccare nei secondi finali dell’azione e, complice anche una serata negativa al tiro, la compagine guidata da Spoelstra è caduta di fatto nella trappola preparata da Vogel.

Da notare anche la voglia con la quale i Lakers effettuano i taglia fuori e si assicurano il rimbalzo difensivo.

Con gli Heat obbligati a creare disperatamente qualcosa con poco tempo sul cronometro è stato più facile per le guardie lacustri indirizzare le penetrazioni dei vari Butler, Nunn e Dragic verso Anthony Davis che nel secondo quarto è sembrato un vero e proprio gigante in mezzo ai bambini.
La presenza sotto canestro di AD (e LeBron) ha mandato totalmente in tilt l’attacco di Miami che si è resa protagonista non solo di layup sbagliati, ma anche di scelte cervellotiche e confusionarie che hanno inevitabilmente generato palle perse e alimentato la transizione gialloviola.

La presenza di Davis sotto canestro condiziona tutte le scelte dell’attacco degli Heat costringendo Nunn e Adebayo ad uscire dalla loro comfort zone.

Run and Have Fun

Come abbiamo detto più volte, quando i Lakers hanno la possibilità di spingere sull’acceleratore diventano praticamente inarrestabili. Se contro di loro non esegui al meglio è facile che la partita si trasformi in un blowout in pochissimi minuti. E così è stato per gli Heat in gara 6.
Nel solo secondo quarto i Lakers hanno segnato 7 punti dopo le palle perse di Miami e hanno realizzato 16 punti nel pitturato. Merito ancora una volta della capacità di leggere le linee di passaggio e di scatenarsi in contropiede.

LeBron James in arrivo sul binario 1.

C’è stato, nello specifico, un momento alla fine del secondo periodo dove si è vista tutta la differenza di condizione e atletismo tra le due squadre. Gli Heat sono arrivati a gara 6 totalmente privi di energia e scarichi mentalmente. I Lakers, invece, ad un certo punto sembravano letteralmente divertirsi a piegare le gambe in difesa, distruggere tutti i giochi di Spoelstra e poi attivare la cavalleria in campo aperto sotto la guida di due cavalli di razza come James e Rondo.
La squadra di Vogel ha trovato, dunque, la sua giusta consacrazione in gara 6 e ha scritto il suo manifesto ideologico in un secondo quarto meravigliosamente punk.

M.V.P.

by Luca Novo

Con la vittoria dei gialloviola, LeBron James ha conquistato il quarto Larry O’Brien NBA Championship Trophy della sua carriera.

Nell’episodio precedente della serie, il #23 ha regalato una delle più belle prestazioni individuali a questo livello, ma purtroppo non è stato supportato dai compagni. In Gara 6 i numeri sono stati meno strabilianti, ma la partita giocata dal Re è stata perfetta e ha elevato il rendimento di tutta la squadra.

We need playmaker

La presenza in quintetto di Alex Caruso è stata la mossa con cui Frank Vogel ha risposto ad Erik Spoelstra dopo la vittoria Heat in Gara 5.

La prima azione della partita mostra subito i benefici dell’aggiustamento. Con Alex il campo si allarga e c’è la presenza di un trattatore di palla secondario. Questo ha permesso a LeBron di non dover sempre iniziare l’azione e di poter attaccare e rendersi pericoloso da diverse zone del campo.

James parte dal gomito come bloccante per KCP, riceve palla da Caruso e mette in ritmo Davis dal mid-range.

Questa idea viene portata avanti per tutta la partita, infatti in tutti i minuti in cui il quattro volte MVP è presente sul parquet viene accoppiato ad almeno uno tra Rajon Rondo e Caruso.

I 69 tocchi complessivi sono di gran lunga il numero più basso della serie per LeBron, che nelle precedenti cinque partite aveva registrato una media superiore a 100. Questo dato non ha comunque influito sulla produzione di assist o sul numero di tiri del Prescelto che è sempre stato al centro del gioco dei Lakers.

La difesa su Butler

Anche nella metà campo difensiva la strategia dei californiani è diversa dalla sfida precedente. Con Caruso in campo, Anthony Davis torna ad occuparsi di Bam Adebayo, così tocca a LeBron essere il difensore primario di Jimmy Butler.

Per aiutare James, coach Vogel ha chiesto alle guardie gialloviola di mettere pressione sulla rimessa di Miami, in modo da non fare iniziare l’azione al numero 22 di South Beach o almeno farlo lavorare molto per ricevere. Un Jimmy meno coinvolto a inizio attacco è meno pericoloso e per LBJ è stato possibile contenerlo: nei 22.1 possessi in cui è stato difeso da James, Butler è riuscito a segnare solamente 3 punti.

Inoltre, poiché Jimmy Buckets non è un grande tiratore, LeBron ha potuto dare un grande contributo nella difesa di squadra.

James tiene la penetrazione di Butler e quindi in aiuto subisce lo sfondamento di Herro. Con Jimmy off the ball va forte a rimbalzo.

Da sottolineare anche i 14 rimbalzi conquistati da James, fondamentali per vincere la battaglia sotto i tabelloni e quindi correre in contropiede.

Assalto al ferro

L’idea di LeBron è stata chiara fin dall’inizio: attaccare il ferro avversario non appena se ne intravedesse la possibilità. Il primo quarto è emblematico: i primi tre canestri del Re sono arrivati in transizione.

I Lakers hanno vinto 16-8 il confronto nei fastbreak point

La serata al tiro per i gialloviola non è stata di certo felice come spesso accade in gare di playoff dove la palla ha un peso diverso. A 4 minuti dal termine del terzo periodo, ovvero il momento in cui la partita è di fatto terminata, L.A. aveva messo insieme un pessimo 6/23 dall’arco e lo stesso James non ha ritrovato la precisione di Gara 5 (1/5 da tre per lui).

In questo contesto è stato fondamentale aggredire il canestro e trovare punti in area: i 52 segnati dagli angeleni in area sono stati decisivi per la vittoria.

LeBron ha interpretato il tutto alla perfezione, mandando i compagni a concludere al ferro e aprendo loro spazi in ogni modo.

James prima premia il taglio di Rondo, poi ne agevola la penetrazione da bloccante, quindi sfrutta i centimetri di AD nel dunker spot e infine manda Caruso a schiacciare in contropiede.

E soprattutto ha devastato il canestro di Miami in prima persona. Per lui 10/12 nella restricted area pari al 83.3% al tiro, numeri derivati da un canestro più bello dell’altro per potenza, eleganza e tecnica.

La connessione con Caruso ha regalato due meravigliosi highlight per chiudere la stagione NBA.

Il tabellino finale recita 28 punti, 14 rimbalzi e 10 assist per l’ennesima tripla doppia (28 in post season di cui 11 alle finali) e meritatissimo – ed unanime – quarto MVP delle NBA Finals.

NBA Finals Coverage

La Preview:

Game Recap:

Analisi Post Gara:

Ascolta la preview delle NBA Finals tra Los Angeles Lakers e Miami Heat in compagnia di un gradito ospite: David Breschi aka Ciombe de l’UltimoUomo, #BasketballMinds e Ball Dont’ Lie.

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