Fin dai primi momenti da rookie in maglia Lakers, Kobe Bryant ha bruciato le tappe nel percorso di crescita e mostrato di poter diventare uno dei grandi della NBA. Al secondo anno è arrivata la convocazione all’All-Star Game, quindi nel 1999 l’inserimento nei quintetti All-NBA e finalmente, nel 2000, il primo anello di Campione NBA, sublimato dalla splendida prestazione nell’overtime di Gara 4 con O’Neal in panchina per falli.

La stagione 2000/01 è quella della definitiva consacrazione, l’anno in cui Kobe – a soli 22 anni – si è rivelato non solo come splendido talento e spalla di Shaq, ma come stella di primissima grandezza. La media punti sale da 22.5 a 28.5 punti a partita in regular season; nei playoff eleva ulteriormente il proprio gioco arrivando ad essere il migliore in campo nelle serie più attese per i gialloviola, prima contro Sacramento e quindi contro la top seed San Antonio nelle Western Conference Finals.

In copertina: Kobe Bryant #8 of the Los Angeles Lakers puts a shot up against the San Antonio Spurs in Game Three of the Western Conference Finals at Staples Center in Los Angeles, California on May 25, 2001. (Donald Miralle, Allsport)

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Lakers vs Spurs, Kobe vs Tim

I media e le storyline NBA durante la carriera di Bryant hanno messo in risalto molte rivalità sia a livello individuale che di squadra. Per quanto altre siano state più pubblicizzate, nessun avversario è stato una costante come Tim Duncan e i San Antonio Spurs.

Californiani e texani si sono affrontati per cinque volte in sei stagioni tra il 1999 e il 2004 oltre che nel 2008 e nel 2013, l’ultima apparizione ai playoff di Kobe, per quanto impossibilitato a scendere in campo dopo l’infortunio al tendine d’Achille. Tra il 1999 e il 2014 le due squadre hanno collezionato dieci Larry O’Brian Trophy con tredici partecipazioni alle NBA Finals e, seppure con approcci diametralmente opposti, hanno rappresentato l’eccellenza della Western Conference e dell’intera Lega.

Kobe e Tim, così come i coach Jackson e Popovich, sono stati gli emblemi delle rispettive franchigie e ne hanno incarnato alla perfezione lo spirito. Bryant e Duncan sono i giocatori più vincenti e determinanti della loro epoca, hanno vissuto carriere parallele ed entrambi hanno lasciato la pallacanestro giocata nel 2016 con cinque anelli a testa. Ed è bello che i due faranno parte della Classe del 2020 che sarà introdotta nella Hall of Fame il prossimo Maggio.

Addio al Forum

Nella stagione del lockout del 1999 al secondo turno dei playoff arriva il primo incrocio tra le coppie Bryant & O’Neal e Duncan & Robinson. Per i Lakers l’annata è complessa e la serie contro gli Spurs, i migliori della Western Conference, conferma i limiti della squadra.

La gara chiave, con i texani avanti 1-0 nella serie, è la seconda. La partita è punto a punto e Kobe – autore di una grande prova con 28 punti – a 45″ dal termine segna la tripla del +1. Pare poter essere il primo grande momento ai playoff, ma non è così. Nel possesso successivo sbaglia entrambi i liberi del potenziale +3 e dopo il canestro del sorpasso di Duncan perde il pallone decisivo: 2-0 Spurs.

La sconfitta è un duro colpo per i lacustri e in California gli speroni completano lo sweep. In entrambe le gare la difesa di L.A. è inesistente e Duncan domina con 60 punti complessivi. Gara 4 è l’ultima partita giocata dai Lakers al Great Western Forum di Inglewood, la casa di Magic Johnson e dei successi dello Showtime chiude in modo inglorioso.

Asterisco a chi?

L’estate seguente l’approdo di Phil Jackson nella City of Angels svolta la carriera di Bryant e O’Neal. I gialloviola mettono insieme 67 vittorie per il miglior record nella NBA. Prima dell’inizio della post season e in vista di un possibile scontro contro i campioni in carica, The Zen Master pensa di provocare gli Spurs.

Il titolo degli Spurs merita un asterisco a causa della stagione accorciata dal lockout.

Phil Jackson

Lo scontro sul campo non arriva, Duncan viene tenuto fuori dai playoff a causa di un infortunio al ginocchio sinistro e San Antonio è eliminata dai Phoenix Suns al primo turno. I Lakers, concludono la stagione in trionfo: è il dodicesimo titolo della franchigia e il primo per Kobe & Shaq.

In Texas però, qualcuno obietta che è il campionato del 2000 a meritare un asterisco: gli Spurs non hanno potuto difendere l’anello vista l’assenza del loro miglior giocatore. La resa dei conti dovrà attendere la primavera successiva.

2001 Western Conference Finals

I San Antonio Spurs vogliono vendicare le parole di Jackson e riportare il titolo in Texas. Tim Duncan è sano e i neroargento mettono insieme il miglior record della NBA. Il marchio di fabbrica è la solita difesa, numero uno della Lega per Net Rating e fondata sulle Twin Towers.

Nei primi due turni gli Spurs superano agevolmente Minnesota (3-1) e Dallas (4-1). Due serie mai in discussione, dove emerge soprattutto il dominio tra le mura di casa dell’Alamodome. L’unica preoccupazione è l’infortunio patito da Derek Anderson nel primo episodio del derby texano, che terrà fuori la guardia da Kentucky fino a Gara 3 delle Western Conference Finals.

Come raccontato nel Mamba Moment sul three-peat, la stagione regolare 2000/01 dei Lakers è stata caratterizzata da alti e bassi e dal dualismo tra Kobe e Shaq. Il ritorno di Fisher da un lungo infortunio in primavera ridà equilibrio ai campioni in carica che riescono a raggiungere la testa di serie numero 2.

Ai Playoff i Lakers mostrano di aver ingranato e negano le rivincite a Portland e Sacramento con due perentori cappotti. Lo scarto medio è di 14.7 e 9.2 punti, segno di un dominio assoluto dei gialloviola contro due squadre in grado di raggiungere rispettivamente 50 e 55 vittorie in una delle Western Conference più competitive di sempre.

Bryant è lanciatissimo e chiude la serie contro i Kings mettendo a referto 84 punti nelle due gare nella caldissima ARCO Arena. Finalmente arriva lo scontro più atteso tra i Campioni 1999 e i Campioni 2000: è Lakers vs Spurs.

Gara 1, il morso del Mamba

La partita inizia come era finita la serie del 1999, la coppia Duncan-Robinson domina e mette a referto tutti i primi 14 punti Spurs. La difesa di Gregg Popovich limita la Triple Post Offense di Jackson a soli 9 punti in 8 minuti: le Twin Towers neroargento sono in grado di contenere lo strapotere di Shaq e per Kobe l’inizio gara è complesso, 2 soli punti con altrettanti palloni persi e 3 errori al tiro.

Bryant però non ci sta e la partita svolta. Segna 10 punti per chiudere il quarto a cui aggiunge un assist a Fisher, i Lakers chiudono la frazione avanti 24-17 e ribaltano totalmente l’inerzia della gara. Nel secondo periodo di gioco gli Spurs ritrovano attacco ma i Lakers mantengono il vantaggio grazie a Shaq, per Kobe una frazione di gioco di transizione e il punteggio all’intervallo dice 51-42 per Los Angeles.

Al rientro in campo delle squadre ci si aspetta la reazione dei padroni di casa e una gara punto a punto fino alla sirena. Kobe non è di questo avviso e mette il suo marchio sulla partita e probabilmente su tutta la serie.

Il numero 8 in meno di cinque minuti va a schiacciare per tre volte contro la miglior difesa NBA e fa volare i Lakers a +14.

Gli Spurs provano a rientrare ma Kobe non la smette più di segnare in ogni modo: per lui saranno 28 i punti nel solo secondo tempo e 45 in totale per la partita, impreziositi da 10 rimbalzi e 3 assist.

I gialloviola vincono 104-90, da 21 gare di playoff nessuna squadra era stata in grado di segnare più di 90 punti a San Antonio, dato che più di ogni altro sottolinea la grandezza degli speroni e l’impresa dei ragazzi di Jackson guidati dal ventiduenne in maglia numero 8. A fine gare, The Diesel non lesina complimenti al giovane compagno.

Ho detto a Kobe che è il mio idolo. Sono serio. Sta giocando in modo fenomenale. Penso sia il miglior giocatore della Lega, e di gran lunga.

Shaquille O’Neal

Non lo so… Sono solo una piccola guardia. Cerco di rubare qualcuno dei movimenti in post di Shaq, non sembrano avere la stessa potenza quando lo faccio io.

Kobe Bryant

Gara 2, l’uno-due di Bryant

Sotto 1-0 nella serie, gli Spurs si trovano già di fronte ad un must win game in quanto vincerne quattro su cinque di cui tre in casa dei Campioni NBA è impresa grossomodo impossibile.

I grandi campioni rispondono nel momento del bisogno e Tim Duncan mostra di essere uno dei grandi giocatori nella storia del gioco e di essere anche attaccante fenomenale. 25 punti nel solo primo tempo frutto di entrate al ferro, movimenti dal post e canestri dal mid-range. Il tutto facendo squadra con Robinson in difesa per limitare Shaq a soli 5 punti con 2/9 al tiro.

Se i Lakers non affondano è grazie a Kobe, unico gialloviola in grado di rispondere ai padroni di casa. I suoi 13 punti contengono il passivo sul 46-38, ma non è solo il fatturato che impressiona, quanto la capacità di mostrarsi rilassato e di avere il coraggio di andare ad attaccare le Twin Towers al ferro. Il tutto ricevendo molte più attenzioni in aiuto rispetto alla gara precedente.

Nel terzo periodo la partita svolta. La scossa emotiva arriva da Phil Jackson che porta a casa due tecnici e seguente espulsione. L’intensità dei lacustri aumenta: Robert Horry inizia a difendere e Fisher a colpire dall’arco, Kobe coinvolge Shaq nell’attacco e i californiani tornano in gara.

L’ultimo quarto inizia con gli Spurs avanti di 1 e all’insegna dell’equilibrio; come nella miglior tradizione dei playoff NBA primi anni duemila la lotta è feroce su ogni possesso e conquistare un tiro aperto è un’impresa. L’equilibrio di cui sopra si rompe a due minuti dalla fine.

Bryant sfrutta il raddoppio di Robinson e consente a O’Neal di segnare il canestro dell’82-78 Lakers. In seguito all’errore dall’arco di Terry Porter, Shaq restituisce il favore al compagno: scarico in punta a Kobe che prende il tiro da tre punti e realizza il +7 che chiude virtualmente partita e serie a un minuto dalla fine.

88-81 il punteggio finale e tabellino del Mamba che recita 28 punti, 7 rimbalzi e 6 assist. Nulla può fermare The Combo in questo momento.

Gare 3 e 4, Sweep in L.A.

Il trasferimento in California vede anche il ritorno in campo di Derek Anderson, grande assente delle prime due partite e difensore in grado di supportare Antonio Daniels nella marcatura di Bryant.

La musica però non cambia. La partita è virtualmente chiusa dopo un quarto di gioco in cui Kobe fa praticamente ciò che vuole.

Nel primo quarto Bryant segna 11 punti (4/7 al tiro con una tripla) con 5 assist, 3 dei quali a uno scatenato Shaq che aggiunge 15 punti (7/8 dal campo) e 5 rimbalzi.

I Lakers sono perfetti e raggiungono un livello in attacco mai visto prima. San Antonio resta in scia per due quarti e mezzo e poi crolla: il punteggio finale è 111-72 per i ragazzi di Phil Jackson. La prova di Kobe è meravigliosa e perfettamente descritta da un tabellino che recita 36 punti, 9 rimbalzi e 8 assist.

Gara 4 è la naturale prosecuzione della precedente, a metà tempo il vantaggio dei padroni di casa supera i 20 punti. Oltre agli inarrestabili Kobe e Shaq, questa è la partita di uno strepitoso Derek Fisher, autore di 28 punti e implacabile (6/7) da oltre l’arco. Kobe è ecumenico e aggiunge 11 assist ai 24 punti realizzati.

I Lakers vincono 111-82 e completano lo sweep. Un dato riassume la superiorità: 113.4 di Offensive Rating nella serie contro una difesa che in media non ha concesso i 100 per oltre un decennio.

Sono stati incredibili. Sono stati migliori di noi per tutta le serie e sembravano disporre di tutte le contromosse necessarie.

Tim Duncan

Ci sono una serie di fattori, ma la causa principale del risultato della seria è la squadra che ci ha battuto: i Los Angeles Lakers. Sono stati fantastici, questo è il punto.

Gregg Popovich

Repeat!

Alle NBA Finals i Lakers trovano i Philadelphia 76ers. La serie passa alla storia per la grande performance di Allen Iverson in Gara 1 ma non è mai realmente in discussione, troppa è la superiorità dei gialloviola . L’MVP è ancora O’Neal, che ha sfruttato il matchup favorevole contro Mutombo, per Bryant arriva la gioia di festeggiare il titolo nella sua città Philadelphia.

La squadra del 2001 è la massima espressione dei Lakers del three-peat. Shaq e Kobe sono entrambi al top delle loro potenzialità come mai era accaduto prima e il supporting cast è perfetto. Fox, Fisher e Horry sono maturati e completano perfettamente il duo di stelle grazie alle loro abilità in difesa e nel muoversi nell’attacco di Jackson, inoltre veterani come Grant, Shaw e Harper danno profondità al roster senza far calare il livello di gioco.

Il 15-1 nei Playoff è record NBA e resisterà fino al 16-1 dei Warriors 2017. Il tutto contro quattro avversari che costituiscono per percentuale di vittoria uno dei cammini più difficili nella storia della postseason.

To be continued…

La rivalità tra Lakers e Spurs, come scritto sopra, non termina nel 2001. Le due franchigie sono state punto di riferimento l’una per l’altra e hanno costantemente lavorato per superarsi.

L’anno seguente, San Antonio va sul mercato per coprire le principali lacune: porta a casa il miglior difensore NBA sugli esterni, Bruce Bowen, e sceglie al draft una giovane point guard creativa di nome Tony Parker. La serie è combattutissima e sullo 1-1 dopo i primi episodi. In Texas i Lakers vendicano le ultime sconfitte al Forum e di fatto chiudono l’Alamodome: vincono entrambe le partite e Kobe segna il canestro decisivo di Gara 4. La serie si conclude sul 4-1 per i gialloviola.

Gli Spurs proseguono il rinnovamento e nel 2003 Manu Ginobili è il tassello mancante in grado di far compiere al proprio attacco il salto di qualità. I californiani al contrario non sono riusciti a rinnovare il roster, Shaq inizia a mostrare segni di declino e questa volta a vincere sono i neroargento. Il 4-2 li lancia verso la conquista del secondo titolo della loro storia.

Il tiro di Fish

A rispondere sul mercato sono i Lakers con gli arrivi di Karl Malone e Gary Payton. La partita chiave è la quinta e arriva sul 2-2. Tim Duncan a un secondo dalla fine porta i suoi avanti di 1 e pare fatta per i padroni di casa. Arriva invece uno dei tiri più iconici nella storia dei Lakers, il buzzer beater di Derek Fisher con 0.4 sul cronometro che fissa il punteggio sul 74-73 e lancia i gialloviola verso la quarta finale in cinque anni.

In Finale arriva però l’implosione contro i Detroit Pistons, il conseguente scioglimento della coppia Bryant-O’Neal e l’anno sabbatico di Jackson. I Lakers sono da rifondare. Con i principali rivali fuori dai giochi per i texani arrivano altri due titoli nel 2005 e nel 2007.

Il ritorno alla vittoria

I Lakers tornano competitivi nel 2008. Lamar Odom cresce, ritorna Derek Fisher e con l’acquisizione di Pau Gasol i gialloviola hanno il fattore campo a favore nei Playoff. Come da tradizione, in primavera la Finale di Conference è contro San Antonio. Kobe e compagni riescono a battere i campioni 4-1 dimostrando di essere una vera contender. Si tratta dell’ultimo confronto sul campo tra Bryant e Duncan, in quanto nel 2013 il 24 è costretto a bordo campo dall’infortunio al tendine d’Achille.

La successiva sconfitta alle Finals contro i Boston Celtics rimanda solo di un anno l’appuntamento con l’anello, il primo di Kobe senza Shaq, a cui seguirà il meraviglioso titolo del 2010, ma di questo ne parleremo in un altro momento…

Mamba Moments


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Torinese, consumatore seriale di eventi sportivi. Grazie a Magic Johnson nasce la passione per la pallacanestro, i Lakers e la costa Ovest degli Stati Uniti. Esperienza NBA trentennale dal divano di casa. Phil Jackson è la guida spirituale di riferimento.

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