Durante la lunghissima militanza con i Lakers Kobe Bryant ha messo insieme una serie di performance offensive che resteranno nei libri di storia della pallacanestro americana.

Il primo riferimento saranno sempre gli 81 punti che Kobe metterà a segno contro i Toronto Raptors nel Gennaio 2006, ma accanto a quella partita leggendaria abbiamo assistito a qualcosa che forse è ancora più straordinario per qualità dell’avversario e ferocia nell’esecuzione.

20 Dicembre 2005: i Los Angeles Lakers ospitano i Dallas Mavericks e in tre quarti si vedrà uno showdown offensivo con pochi precedenti nella storia del basket.

In copertina: Kobe Bryant, Los Angeles Lakers vs Dallas Mavericks on December 20, 2005 at the Staples Center in Los Angeles, California. (John W. McDonough, Sports Illustrated, Getty Images)

One Man Show vs Wunder Team

La Dallas di Dirk Nowitzki del 2005 era una squadra solida ed allenata alla grande da coach Avery Johnson, contender dal primo giorno e finalista NBA al termine della stagione. Il record di 18-7 li proiettava al momento dello scontro nella City of Angels in testa alla Western Conference.

I Lakers arrivano al match con un record di 14-11 e la speranza di accedere alla post-season tenuta in vita solo dalle incredibili performance offensive che l’allora numero 8 stava mettendo in piedi. I 35.4 punti di media che Bryant avrà al termine della stagione saranno la sua media punti più alta in carriera e varranno il titolo di scoring champion ed una lunghissima discussione sul titolo da MVP, che verrà poi assegnato a Steve Nash.

Della ricostruzione dopo aver completato three-peat e del biennio 2005-2007 caratterizzato dalle incredibili prestazioni individuali del Black Mamba, ne abbiamo parlato nel Mamba Moment #21: back-to-back Scoring Champion.

Warming Up

14 secondi, rimbalzo offensivo, jumper dai cinque metri. Kobe segna cosi l’inizio di un primo quarto incredibile. Il flow offensivo dei Lakers non è dei migliori, spesso goffi tentativi di costruire i set base per la Triple Post Offense di coach Phil Jackson finiscono in confusione e palla a Bryant. Il secondo canestro arriva da un ribaltamento dopo che Parker, Cook e Lamar Odom fermano la palla per molti secondi senza trarre alcun vantaggio. Long two, canestro.

Lo show del Mamba continua: spin move in contropiede e jumper dalla linea del tiro libero, i californiani si portano avanti 9-6 con 8 punti del figlio di Jelly Bean in soli quattro minuti di gioco. Qualche segnale dai compagni e dei Mavericks freddissimi danno agli angeleni un vantaggio di 14-9, l’esecuzione offensiva lacustre rimane pietosa e Kobe segna il suo quinto canestro dopo il secondo rimbalzo offensivo della partita.

Dopo una serie infinita di tiri liberi sbagliati dai lacustri ed il tabellone fermo a 17, arriva il momento per una giocata che Bryant negli anni ha reso letale e che aveva già usato nel precedente di qualche settimana prima contro i Mavs. Riceve in post, fronteggia Josh Howard e parte spedito per la linea di fondo: lettura dell’aiuto perfetta e reverse layup per evitare la stoppata. La frazione del Mamba si chiuderà con il terzo rimbalzo offensivo, attacco al ferro ed and-one per il primo tiro libero della partita che segnerà.

Keep It Rollin’

Nel secondo periodo Kobe decide di essere più aggressivo in termini di pressione al ferro e comincia ad attaccare il pick-and-roll per mettere i piedi dentro l’area; non a caso i primi punti del quarto arrivano dalla linea della carità. Nella frazione Bryant andrà in lunetta quattro volte sbagliando solo uno degli otto liberi tentati.

Il primo canestro dal campo nella frazione arriva con un’esecuzione di TPO con un minimo di flow. Luke Walton legge il backdoor del compagno e lo serve ad un metro dal ferro, l’aiuto dei texani è puntuale ma la parabola del Mamba è perfetta. 37-32 Lakers e Kobe a quota 20.

Walton è fondamentale nel quarto, la sua presenza alza la qualità dell’esecuzione e alleggerisce Bryant dal ruolo di facilitatore permettendo ai gialloviola di tamponare il ritorno di Dallas, che comincia a carburare spinta da un ottimo Devin Harris. A 4:54 dall’intervallo lungo Kobe mette a segno la sua prima tripla; possesso successivo ricezione volante al lato sinistro del ferro, arresto fuori equilibrio e palla appoggiata al vetro. +9 per L.A. e 29 per Bryant.

La strategia dei Mavs in aiuto al ferro e di raddoppi in post costringe il Mamba a giocare di più sul perimetro, problema relativo: altra tripla e vantaggio in doppia cifra.

Un Quarto per la Storia

Si riparte con i californiani avanti 53-44 e Kobe on fire, ma il meglio deve ancora venire. L’avvio del terzo periodo del nativo di Philadelphia è simile a quello del secondo: Bryant è aggressivo e segna subito sei tiri liberi. Se nella frazione precedente Johnson era riuscito ad allontanare il Mamba dal ferro, con il passare dei minuti è evidente come in questo caso non ci sarà nulla da fare: Kobe andrà in lunetta otto volte, realizzando 14 punti solo dalla linea della carità.

Dopo uno spin move, Bryant subisce un fallo e sbracciando colpisce involontariamente Nowitzki. Il tedesco non gradisce, lancia il paradenti sotto gli occhi di Steve Javie e si becca un tecnico. Dalla panca coach Avery sbraita e viene a sua volta sanzionato.

Il primo canestro dal campo del quarto arriva con un classico set dal post della TPO, con Kobe che fa l’entry pass e Chris Mihm che legge il taglio verso l’angolo del numero 8: handoff, catch-and-shot, due punti; con il totale che sale a quota 39.

Con il passare dei minuti i Mavericks sono sempre più frustrati e il Mamba continua a mordere. Howard colpisce duro il numero 8 in penetrazione, viene punito con un Flagrant Foul di Tipo 1 e segna la sua condanna a morte per la partita.

No Answers

La reazione di Kobe è forte ma nei limiti, classica benzina sul fuoco per un competitor di questo livello. Da questo momento la gabbia è aperta: corner three, shake-and-bake su Howard per un long two, reverse layup in contropiede per il +21 Lakers prima di tornare a colpire dalla linea del tiro libero.

Ad un minuto dalla fine Bryant pareggia il suo career-high a 56 punti, ma come tutti sappiamo non finisce qui. Dallas continua ad essere colpita in pieno volto da Kobe, che col sottofondo «Ko-be! Ko-be! Ko-be!» realizza la tripla del +34 con cui chiuderà l’incredibile terza frazione. Per lui 30 punti (7/13 dal campo, 2/6 da tre e 14/16 dalla lunetta).

L’ultimo canestro consentirà a The Little Flying Warrior – come veniva chiamato all’epoca dai fan cinesi – di riposare per l’intero ultimo periodo e realizzare un’altra incredibile statistica: Kobe Bryant 62, Dallas Mavericks 61.

Non abbiamo avuto risposte.

Abbiamo provato a raddoppiarlo, ci siamo schierati a zona, abbiamo tentato una difesa trap a metà… Ma nulla ha funzionato. Ha fatto quello che voleva stasera.

Avery Johnson

Nel corso della mia carriera ho visto diverse prestazioni da oltre 60 punti, ma nessuno c’era riuscito entro il terzo quarto.

La terza frazione da 30 punti è stata qualcosa di incredibile, unica di per sé.

Phil Jackson

La forza della determinazione

Con i 30 punti nel quarto Kobe superò i 24 realizzati da Jerry West e Elgin Baylor e si piazzò (all’epoca) al quarto posto all-time dopo i 33 di George Gervin. Inoltre, divenne il quarto giocatore dal 1960 a realizzare più di 60 punti in meno di 40 minuti.

I 18.997 tifosi presenti allo STAPLES Center iniziarono ad intonare «We want Kobe! We want Kobe!», ma il numero 8 non rientrò. A fine partita Bryant raccontò che la bruciante sconfitta patita contro i Rockets due giorni prima avesse contribuito ad alimentare il suo fuoco interiore. Anche perché The Zen Master aveva definito la sua prova esitante.

Ero frustrato dopo la sconfitta dell’altra sera, perché ero convinto di poter vincere quella gara.

Ero molto arrabbiato, ma anche intenzionato a lanciare un messaggio: domineremo a casa nostra, conquisteremo la vittoria.

Kobe Bryant

Era così risoluto da aver garantito il successo a Shaw e Smush Parker.

Gli ho detto che avrei sistemato tutto stanotte.

Sentivo che potevo continuare ad attaccare senza sosta gli avversari. Ero determinato, volevo farlo per vincere.

Senz’ombra di dubbio è stata la migliore prestazione offensiva che abbia mai disputato.

Kobe Bryant

Alla domanda più scontata, ovvero quanti punti avrebbe potuto realizzare disputando anche l’ultimo quarto, Bryant risposte scrollando le spalle.

Forse 80. Ero davvero in ottima forma.

Volevamo vincere questa partita e l’avevamo fatto. Non c’era nessuna ragione per rientrare in campo.

È stato fantastico fare una prestazione del genere allo STAPLES Center di fronte ai nostri fan. Una sorta di regalo di Natale per loro.

Kobe Bryant

Diverso, invece, il regalo sognato dal coach dei Mavs.

Ho chiesto ai miei figli di dirmi come fermare Kobe. Questo è quello che desidero per Natale. Una volta avuta la formula, potrei diventare miliardario.

Avery Johnson

Flash Forward

Negli anni seguenti, sono emersi alcuni retroscena interessanti sull’incredibile prestazioni. Secondo il reportage dedicato all’altra grande prestazione offensiva realizzato da Arash Markazi di ESPN, fu Brian Shaw a parlare col Mamba alla fine del terzo quarto.

Durante la pausa tra il terzo e l’ultimo quarto, Phil mi incaricò di chiedergli se voleva giocare qualche altro minuto per provare a raggiungere quota 70.

Raggiunsi Kobe e glielo chiesi. Lui alzò lo sguardo verso il tabellone e mi disse «Nah, lo farò un’altra volta».

Che cosa? Non ci potevo credere. Gli ho detto che avrebbe potuto raggiungere i 70 punti, quanti possono dire di averlo fatto? Gli chiesi se voleva entrare in campo solo per qualche minuto, segnare gli otto punti mancanti e tornare in panchina.

Senza batter ciglio mi ha risposto «Lo farò quando ne avremo davvero bisogno. Li segnerò quando sarà davvero importante.»

Brian Shaw

Il profetico Kobe riconobbe come quella stagione fu qualcosa di eccezionale.

Mi sono sentito bene per tutta la stagione.

È stata una cosa rara, perché per tutto l’anno la mia condizione fisica ha supportato il mio approccio mentale al gioco.

Nel 2016, durante il suo Farewell Tour, l’ormai maturo Vino ritrattò quanto detto a caldo dopo la partita. La fonte che alimentò la sua esplosione aveva un nome e un cognome. E i capelli bianchi.

Del Harris.

Quando ero un rookie, ho odiato Del. Ho sempre detto che mi sarei vendicato e l’ho fatto.

Del Harris, l’ex coach dei Lakers ai tempi dello sbarco di Kobe in NBA che venne esonerato prima della dinasy del three-peat, all’epoca era assistente di Johnson e gli subentrò dopo l’espulsione.

Unbelievable

Tra le performance offensive che hanno fatto la storia della carriera di Bryant questa contro i Mavericks è probabilmente una delle più incredibili, la varietà e l’efficienza in termini di scoring lasciano senza parole, una scoring machine a cui nemmeno un squadra solida come quella Dallas seppe trovare una risposta.

Unbelievable Kobe.


Raccontare le gesta sul parquet di Kobe Bryant non è semplice. Impossibile scegliere le giocate più belle, più importanti o più decisive. Con indosso la canotta gialloviola numero 8 prima e 24 poi, The Black Mamba ha conquistato cinque titoli NBA, due premi di MVP delle NBA Finals, uno della regular season, due medaglie d’oro olimpiche, 18 convocazioni all’All-Star Game (con quattro MVP della partita) e collezionato una serie di giocate, record e prestazioni che rimarranno per sempre nelle memorie degli appassionati

La crew di LakeShow Italia ha deciso di ripercorrere la carriera della leggenda dei Los Angeles Lakers attraverso ventiquattro Mamba Moments, per un countdown tra i momenti più significativi di una carriera come pochissime nella storia del basket.


Ingegnere, partenopeo disperso tra le Alpi svizzere, world traveler. Ho cominciato con Clyde Drexler per finire ai Lakers. Everything in its right place, no?

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