Bentornati a High Five, la rubrica di LakeShow Italia che analizza cinque situazioni di gioco dei Los Angeles Lakers attraverso l’ausilio delle clip video* e delle statistiche avanzate.

Le statistiche citate, se non altrimenti specificato, sono tratte da Cleaning The Glass (CTG), NBA.com e Basketball Reference (BR). Tutte le clip video, salvo diversa indicazione, sono di proprietà della NBA. Sono utilizzate a scopo divulgativo senza intenzione di infrangere copyright. © NBA Media Ventures, LLC.

Ah, come tira LeBron…

Ogni anno LeBron James arricchisce il suo enorme bagaglio tecnico con un nuovo movimento o riesce semplicemente a massimizzare alcuni aspetti del suo gioco. Se l’anno scorso, ad esempio, è stato capace di sublimare le sue abilità di playmaking guidando la lega per numero di assist a partita, in questa stagione ha trasformato in un’arma letale quella che, fino a qualche anno fa, era considerata una delle sue poche debolezze: il jump shot.

Il dagger per eccellenza.

Il campione è ancora troppo piccolo per trarre delle conclusioni definitive (solo 22 partite, senza saltarne nessuna tra l’altro), ma fin qui James sta disintegrando qualsiasi career high in termini di volume ed efficienza nel tiro da tre. Il fenomeno di Akron è al massimo in carriera per triple tentate (7.3 per 36 minuti) e percentuale da tre (40.9%). Numeri che, se dovessero rimanere tali o regredire solo di qualche punto percentuale, dovrebbero spaventare qualsiasi avversario dei Lakers ai playoff.

Per anni la strategia difensiva contro il pick and roll giocato da LeBron imponeva al marcatore del Prescelto di passare sotto il blocco del lungo sfidando James al tiro. Una tattica che oggi equivale spesso e volentieri a tre punti per il numero 23.

Basta un’esitazione del difensore per essere puniti.

Quest’anno LeBron James sta eviscerando a suo piacimento tutte le difese in drop. Il suo palleggio, arresto e tiro è molto fluido e compatto, specie quando può andare a sinistra. Anche il rilascio è più veloce, il che complica parecchio la vita ai difensori che tentano di annullare la separazione creata dal blocco. Non dobbiamo stupirci allora se i dati Sinergy ci dicono che LBJ sta tirando con un incredibile 43.6% nei pullup da tre su 3.5 tentativi a partita (per intenderci l’anno scorso Damian Lillard, il maestro di questo fondamentale, aveva il 40.4% in queste conclusioni).

L’impressione è che all’età di 36 anni James abbia capito che, almeno in regular season, sia necessario un parziale cambiamento nelle sue scelte offensive. Sono sempre di meno, ad esempio, le incursioni nei pressi del canestro: quest’anno, infatti, solo il 38% delle sue conclusioni è al ferro (minino in carriera dal primo anno di Miami).

Diventano più frequenti invece le situazioni in cui cerca il cambio contro il lungo per poi batterlo con uno step back da tre, un movimento che sembra divertirlo parecchio, specie nei finali di partita.

Uno dei rari isolamenti risolti con successo dal lato destro del campo.
Aumenta sempre di più il numero di lunghi nella lega che viene scherzato da James in isolamento.

A completare il corollario del brillante gioco perimetrale del Prescelto ci sono anche le conclusioni in catch and shoot generate dal pick and roll Schröder/Davis o da un semplice ribaltamento di Gasol. Due situazioni di gioco che gli consentono di tirare in tutta tranquillità dall’angolo (7/13 nelle corner three fin qui in stagione).

Easy money.
Bet a Benjamin cit.

Se non sono numeri da MVP ci andiamo parecchio vicino.

Il difficile processo di adattamento di Schröder

La trade che ha portato Dennis Schröder ai Lakers ritenevo potesse dare ai gialloviola un grande boost in termini di creazione dinamica nel pick and roll e di imprevedibilità nell’attacco a metà campo. I risultati, però, sono stati fin qui ambivalenti.

L’anno scorso il tedesco aveva trovato la propria dimensione come scorer dalla panchina, condividendo le responsabilità di creazione con SGA e Chris Paul nei minuti finali delle partite. Quest’anno, invece, l’ex giocatore di Hawks e Thunder ha trovato posto nello starting five dei Lakers e il cambiamento non sembra avergli giovato.

Il suo usage è diminuito notevolmente rispetto alla scorsa stagione passando da 27.4% a 22.7%, un dato che rappresenta il suo career low dall’anno da rookie; parallelamente sono crollate anche tutte le sue percentuali al tiro rispetto all’anno scorso (dal 46.9% al 42.1% dal campo, dal 38.5% al 30.6% da tre).

La sensazione è che Schröder debba ancora trovare i suoi spot sul campo, soprattutto quando ci sono sia LeBron che Davis. Il tedesco gioca 20 minuti a partita insieme alle super stelle gialloviola e in questi frangenti tira in media solamente sei volte. In un contesto del genere è difficile acquisire fiducia, a maggior ragione per un giocatore che è sempre stato abituato ad avere la palla in mano e a mettersi in ritmo da solo.

Un possesso che rappresenta alla perfezione la confusione del tedesco.

A risentirne sono le sue scelte quando può giocare il pick and roll. Schröder è apparso in queste situazioni poco lucido e frenetico. Complice anche la scarsa fiducia che in questo momento possiede nel proprio tiro, il tedesco sta soffrendo tremendamente le difese in drop coverage.
Quando gli avversari passano sotto i blocchi Schröder appare indeciso e finisce spesso e volentieri per forzare una quantità abnorme di floater con ancora tanti secondi sul cronometro.

Si va a schiantare contro la difesa degli Spurs nonostante ci sia uno scarico facile sul perimetro.
Not even close.

Quest’anno l’ex giocatore dei Thunder ha provato ben 38 floater segnandone solamente 13 (34%). Lo vediamo troppo spesso fuori controllo, anche in transizione dove potrebbe fare molto male agli avversari e invece al momento si trova solo nel 12° percentile.

Uno dei possessi che è costato la partita ai Lakers contro gli Warriors.

Vogel sarà chiamato a prendere qualche aggiustamento, magari accoppiando più spesso il tedesco con Harrell, il cui gioco a due in tanti pensavano potesse essere un’ottima arma offensiva per i Lakers versione 2020/21.

A che punto è Davis il facilitatore?

L’anno scorso ci siamo lasciati ai playoff con un Anthony Davis molto migliorato nelle scelte offensive. Gli abbiamo visto manomettere a suo piacimento la zona e cavarsela abbastanza bene contro i raddoppi. Quest’anno c’era molto curiosità da parte del sottoscritto per capire se il percorso intrapreso in post season potesse continuare in questa stagione, consegnando così alla NBA un giocatore tanto dominante quanto completo.

E fin qui i miglioramenti sono stati piccoli, poco appariscenti ma incoraggianti.

Ci sono un Wiggins, un Oubre e un Wiseman di mezzo.

In questo splendido assist dal gomito in cui serve il taglio di Schröder c’è sicuramente l’influenza del maestro Gasol. Una presenza, quella del catalano, che potrà sicuramente aiutare Davis a migliorare i tempi e la precisione dei suoi passaggi.

Da quando è ai Lakers AD gioca molti più possessi in post rispetto alla sua esperienza a NOLA. Quest’anno, come nella passata stagione, circa il 22% delle sue azioni offensive arriva spalle a canestro.
Per diventare, però, un’arma totale in questa situazione di gioco Davis deve essere in grado di leggere le difese e comprendere come manipolarle quando arriva il raddoppio. Da questo punto di vista c’è ancora tanto lavoro da fare, ma alcune letture sembrano già essere consolidate.

Scelte semplici, non particolarmente evolute, ma efficaci.

Non si chiederà mai a Davis di essere uno o due passi avanti alla difesa (come LeBron James per intenderci), ma semplicemente di riconoscere da dove arriva il raddoppio e da lì punire lo scompenso generatosi nella difesa. Nelle tre situazioni proposte nella clip sopra AD fa la scelta giusta con sicurezza e velocità, che sia servire il taglio di James oppure pescare Gasol sotto canestro o Caruso nell’angolo.

Ma l’aspetto del gioco in cui Anthony Davis è cresciuto maggiormente è la capacità di visionare bene il campo in movimento, soprattutto in situazioni di short roll.

I miglioramenti di Davis nello short roll sono uno degli aspetti più interessanti del suo gioco in questa stagione.

AD ama ricevere il pocket pass del portatore di palla nel pick and poll per concludere con un jumper dal mid range o con il suo splendido floater. È importante però variare le soluzioni e non accontentarsi del tiro, soprattutto se le difese sono aggressive, come spesso accade contro James, e si creano situazioni di 4 vs 3 da sfruttare. In queste circostanze Davis sta diventando sempre più efficace. Succede addirittura che riesca a prendere in controtempo la difesa come nel caso della tripla dall’angolo di Caruso mostrata nella clip.

I miglioramenti dell’ex giocatore di Nola sono testimoniati anche dalle letture quando attacca il ferro, dove sempre meno frequentemente è fuori controllo e anzi riesce a generare tiri ad alta percentuale per i compagni.

AD per Caruso sta diventando un asse sempre più battuto dai Lakers quest’anno.
L’intesa tra Davis e Harrell sta gradualmente migliorando.

Nonostante nelle ultime partite ci sia stato un peggioramento dei suoi numeri a causa del difficile road trip ad Est, quest’anno Davis ha la migliore AST% (15.6%) della carriera (se escludiamo l’anno dello “sciopero” a NOLA, dove ha svolto più una funzione di facilitatore) e soprattutto sta limitando il numero di palle perse (TOV% 9.4 contro il 10.9% dell’anno scorso), segno evidente di una migliore gestione dei possessi offensivi.

Give me a charge

I Los Angeles Lakers guidano nettamente la NBA per numero di sfondamenti subiti. Al momento siamo a quota 28. Seguono molto distanziati con 21 sfondamenti i Charlotte Hornets e i Toronto Raptors, squadra quest’ultima che ha in Kyle Lowry e Aaron Baynes due autentici maestri della specialità.

Give me a charge”. Con queste parole Vogel ha provato ad esortare Montrezl Harrell durante un timeout della partita contro gli Warriors. L’ex giocatore dei Clippers è senza dubbio un difensore sotto media, ma possiede tra le proprie qualità la capacità di frapporsi tra l’attaccante e il canestro al momento giusto e in posizione corretta. Non a caso l’anno scorso è stato uno dei migliori della lega per sfondamenti subiti (0.48 a partita) e quest’anno non è da meno (0.41).

Harrell compensa i suoi limiti tecnici e fisici sotto canestro con un po’ di sano coraggio, sempre necessario per mettere davanti il proprio corpo quando l’avversario va dritto al ferro.

Ma Harrell non è l’unico Laker che eccelle in questo fondamentale. Caruso, Gasol e LeBron sono bravissimi a capire in anticipo quale sarà la linea di penetrazione degli avversari, specie in transizione, e così facendo riescono ad evitare due punti facili.

Nella partita contro i Bulls addirittura 5 diversi giocatori gialloviola hanno subito almeno un fallo di sfondamento, inducendo Chicago ad attaccare con più titubanza il ferro e a prendere molti più tiri dal mid range.

Una giocata che ormai è quasi un trademark difensivo di Caruso.

Nell’intervista successiva alla vittoria contro i Bucks Vogel ha sottolineato proprio quanto sia importante subire degli sfondamenti per condizionare psicologicamente gli attaccanti avversari. Il riferimento in quell’occasione era a Giannis Antetokounmpo (9 palle perse in quella partita) che, dopo aver commesso un paio di sfondamenti (cosa abbastanza ricorrente per lui), ha inizio ad attaccare con meno forza e decisione il ferro.

Caruso capisce con qualche centesimo di secondo d’anticipo come si svilupperà il possesso dei Bucks ed ottiene un prezioso sfondamento.

Senza McGee e Howard i Lakers hanno perso sicuramente tanto in termini di atletismo e rim protection, ma stanno cercando di compensare queste lacune con una difesa del pitturato più orizzontale e posizionale.

Goodbye rim protection

Se l’anno scorso Anthony Davis poteva recriminare con valide ragioni per non aver vinto il premio di Defensive Player of the Year, quest’anno deve invece interrogarsi sulla qualità e soprattutto sulla continuità della sua difesa.

Un rientro difensivo che non è piaciuto molto a LeBron.

Questa azione in cui si fa battere in transizione da Brook Lopez, ovvero uno dei giocatori più lenti della lega, è solo esemplificativa dello scarso effort messo in campo da Davis in questa prima parte della stagione. Ricordiamo tutti le prime partite della scorsa annata, quando era praticamente impossibile segnare contro di lui al ferro. Quest’anno la musica è cambiata.

Al momento gli avversari stanno tirando con il 61.3% al ferro contro Anthony Davis, una percentuale relativamente alta per qualsiasi lungo della NBA e che diventa elevatissima per uno come AD che ha dimostrato di poter essere il miglior rim protector della lega (o giù di lì) quando è veramente motivato.

Davis, quello è Danny Green…
Oubre ha fatto a fette la difesa interna dei Lakers nella sfida di qualche settimana fa.

Per fare un paragone, quest’anno i migliori difensori nei pressi del canestro sono Jakob Poeltl e Myles Turner che stanno costringendo gli avversari a tirare con il 42% negli ultimi centimetri di campo. Lo stesso Davis l’anno scorso aveva una DFG% del 51%, nonostante il rilassamento avuto nelle ultime partite di regular season disputatesi nella bolla.

In più occasioni Davis sembra quasi fare finta di difendere il ferro dimostrando, per certi aspetti, di essere ancora in vacanza.

Al momento la difesa dei Lakers rimane nettamente la migliore della NBA con un Def RTG di 104.8. Ma è indicativo il fatto che, senza Davis in campo, il rendimento difensivo dei gialloviola addirittura migliori, passando dal concedere 106.2 punti per 100 possessi a 100.8.
Numeri che evidenziano le mancanze di AD e al contempo i margini di miglioramento di cui dispongono i Lakers. Pensare, infatti, che la migliore difesa della NBA abbia avuto fin qui un Anthony Davis poco concentrato e intenso dovrebbe spaventare chiunque.

Calabrese, gobbo, tifoso Lakers: insomma, una persona orribile. Ossessionato dallo sport in ogni sua forma, dopo aver visto Kobe e Shaq su Tele+ ho sviluppato una grave dipendenza dalla NBA.

Categories:

Our Podcast
Most Recent
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: