Key Takeaways: Utah Jazz vs Los Angeles Lakers. In copertina: Dwight Howard, Donovan Mitchell and Stanley Johnson (Rick Bowmer, AP Photo)
I Los Angeles Lakers – privi delle loro due stelle – cadono anche alla Vivint Arena, vedendo allontanarsi la possibilità di entrare nel torneo Play-In, ultima spiaggia a disposizione della compagine gialloviola per raggiungere i Playoff.
- Westbrook e Howard non bastano, i Jazz piegano i Lakers by Giovanni Rossi
✅ Jazz vs Lakers: i Plus
La sensazione che la partita, nonostante il suo andamento ed il punteggio finale, non sia stata mai veramente chiusa, ha reso la sconfitta meno deprimente di altre.
💪 L’orgoglio di Superman
Ascoltare Stan Van Gundy commentare una buona partita di Dwight Howard fa bene al mio cuore e mi allontana da pensieri cupi.
Dopo i soli cinque minuti sul parquet fatti registrare a Dallas, legati all’impossibilità di Dwight di poter giocare contro Doncic ed i lunghi mobili della squadra texana, nella notte si è invece tornati nel suo ambiente naturale.
A 36 anni Howard non è più mobile, come è ovvio che sia, ma può ancora produrre prestazioni positive quando deve fare a spallate sotto canestro contro lunghi più “tipici” come Rudy Gobert.
Il primo tempo del nativo di Atlanta è extra-lusso soprattutto in attacco.
Nella metà campo difensiva è attivo e infastidisce il lungo francese che, innervosito, è vittima di alcuni passaggi a vuoto che ne limitano l’efficacia.
In particolare nel secondo quarto mette a referto otto punti in un breve lasso di tempo che permettono ai gialloviola di rimanere a contatto e ricucire il primo strappo di Utah. Cala poi inevitabilmente alla distanza, ma la sua prova è positiva.
1️⃣ Un buon primo tempo
Nonostante il trentasettesimo lineup differente in settantasei incontri, i primi due quarti della squadra gialloviola, al netto delle assenze pesanti, sono stati abbastanza positivi.
Se la fase difensiva, come scritto da Giovanni nel Recap, è spettatrice non pagante come è accaduto per tutta la stagione, la voglia di rimanere in gara è stata, a mio avviso, palpabile.
Oltre al sopracitato Howard, nei primi ventiquattro minuti sono state positive le prove di Malik Monk e Russell Westbrook.
Avrei voluto parlare anche del contributo di Gabriel, che con la sua mobilità e le sue leve stava permettendo ai Lakers di cambiare su tutti i blocchi oltre a lasciare a Dwight il tempo di rifiatare. Wenyen però limita la sua presenza sul parquet a causa della sua esuberanza, che lo porta a fare tre falli in un breve lasso di tempo.
Proprio gli ultimi due minuti di secondo quarto, con Howard e Gabriel in panchina e con Melo e Johnson come lunghi gialloviola, sono quelli che portano al primo strappo nel punteggio.
⁉️ Late surge, almost
La partita è quasi omologata, quando due conclusioni dalla lunga distanza di D.J. Augustin e Talen Horton-Tucker riportano i Lakers sul meno dieci.
Mancano cinque minuti alla fine dell’ultimo quarto, i Lakers hanno un parziale aperto di 12-4 negli ultimi tre minuti. Tra i tifosi dei Jazz iniziano a manifestarsi i fantasmi della sconfitta patita nel match precedente contro i Clippers, dovuta ad una rimonta avvenuta proprio nel finale.
Questa volta gli Dei del Basket sono clementi con gli abitanti di Salt Lake City, poiché nell’azione successiva la tripla di Monk è sputata dal ferro, mentre quella di Bogdanovic apre un contro-parziale di 9-1 che chiude la sfida.
❌ Jazz vs Lakers: i Minus
Definirei questa prestazione come la partita “media” dei Lakers 21/22, con una difesa inesistente, piagati dagli infortuni e prestazioni negative di qualche comprimario.
🔞 Difesa cercasi
Con i 122 punti subiti nella notte a Salt Lake City, i Lakers hanno mantenuto aperta una serie di 24 partite consecutive nelle quali hanno concesso più di cento punti agli avversari (l’ultimo incontro in cui la difesa ha mantenuto l’attacco rivale a meno di 100 punti è stata la vittoria contro Portland 99-94), la seconda peggiore striscia degli ultimi 50 anni della franchigia gialloviola.
La ricerca di un’identità difensiva è stata sì resa difficoltosa dagli infortuni, ma soprattutto dai componenti del roster stesso, che non sono mai stati in grado di eseguire i dettami di Vogel (penso che ad un certo punto della stagione il buon Frank non abbia saputo dove sbattere la testa, sia metaforicamente che letteralmente).
⬇️ Johnson down
Brutta prestazione di Stanley Johnson, che fornisce un contributo praticamente nullo alla causa gialloviola.
Nella notte è mancato completamente l’apporto offensivo e soprattutto quella capacità di playmaking secondario che lo aveva reso importante al fianco di LeBron.
Sarà banale, ma anche in queste ultime orrende fasi della stagione regolare, per giocatori come Johnson ogni prestazione conta. Poiché per atleti come Stanley – che hanno vissuto parte della loro carriera ai margini della Lega – potrebbero essere decisive per conquistare la conferma in un roster che è atteso ad un’altra estate di cambiamenti.
🥴 Meglio fuori che dentro?
È così importante forzare il rientro di James e Davis per avere una minima possibilità di centrare il Play-In? È peggio, da tifoso, essere derisi e costretti a subire i meme dello schiaffo di Will Smith a Chris Rock in versione Lakers oppure magari vedere LeBron uscire zoppicante dopo otto minuti di partita?
Io, in piena modalità “Marzulliana”, la risposta me la sono data.
Non vorrei che James forzasse il rientro per una partita, visto le poche speranze residue.
Se Davis è pronto, guarito dall’infortunio, che entri in campo, sapremo capire ed accettare la forma fisica non perfetta.
📅 Next Game
Back-to-back per i Los Angeles Lakers, che tornano in campo nella notte – alle 4:30 italiane – tra Venerdì 1 e Sabato 2 Aprile per affrontare i New Orleans Pelicans alla crypto.com Arena.
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Universitario e calciatore cresciuto nelle nebbie ferraresi. Appassionato di qualsiasi sport che non necessiti un motore. Tifoso Lakers da quando a sette anni mi regalarono la canotta di Kobe.