In copertina: Jarred Vanderbilt e LeBron James (Juan Ocampo, NBAE via Getty Images)

Se una settimana prima della deadline qualcuno mi avesse detto che i Lakers avrebbero portato a casa Jarred Vanderbilt, Malik Beasley e D’Angelo Russell dando via solo una prima scelta protetta top-4, una seconda e il contrattone di Russell Westbrook, probabilmente avrei attribuito questa informazione al solito tifoso Lakers audace e ottimista.

Per una volta, invece, Rob Pelinka non ha strapagato per migliorare la squadra e anzi si è assicurato tre role player relativamente giovani, funzionali e, vista la situazione contrattuale di tutti e tre, capaci di garantire flessibilità alla dirigenza gialloviola in vista della off-season.

Nei prossimi giorni si parlerà tanto del grande ritorno di D-Lo e del fit, sulla carta immediato, di un tiratore come Malik Beasley al fianco di LeBron James. A mio avviso, però, l’aggiunta più importante nella trade riguarda il giocatore meno celebrato e meno talentuoso, ovvero Jarred Vanderbilt.

L’impatto difensivo di Vando

Vanderbilt è una power forward da 206 centimetri, con una wingspan di oltre 210 cm e una buona verticalità (270 cm di standing reach stando ai dati della Combine). Misure che lo rendono un profilo molto interessante dal punto di vista fisico prima ancora che tecnico.

Una stoppata di quelle che fanno rumore.

Prodotto di Kentucky (uno dei suoi compagni di squadra ai Wildcats è stato Wenyen Gabriel), Jarred Vanderbilt decide di dichiararsi nel draft 2018 e viene scelto alla 41 dagli Orlando Magic per conto dei Denver Nuggets. In Colorado però fatica a trovare spazio e viene scambiato l’anno successivo ai Timberwolves.

Proprio a Minnesota inizia l’ascesa di Vando, dove si distingue per la sua energia, le sue hustle plays e la sua versatilità difensiva. Nell’ultima stagione disputata a Minnie, quella poi culminata con l’uscita al primo turno contro i Grizzlies, Vanderbilit è una delle chiavi dell’annata sorprendente dei Wolves.

Finch lo fa partire in quintetto con Towns, con l’obiettivo di sopperire alle lacune difensive di KAT proprio grazie alla capacità di Jarred di coprire ampie zone di campo in pochissimo tempo. Nella passata stagione Minnesota ha adottato, infatti, una strategia difensiva molto aggressiva sulla palla, soprattutto quando Towns era coinvolto nel pick-and-roll.

KAT veniva “nascosto” facendogli portare blitz e raddoppi continui e confidando nell’abilità dei vari Edwards, McDaniels, Prince e Vanderbilt di effettuare rotazioni e closeout profondi. L’idea di Finch era sfruttare l’atletismo della propria batteria di esterni per “proteggere” Towns e generare tante palle perse. Obiettivo raggiunto, visto che Minnesota l’anno scorso è stata prima nella lega per punti segnati dopo un turnover e terza per palle rubate.

Towns esce alto sul blocco portando Lillard a scaricare la palla, Vanderbilt però capisce tutto e recupera il pallone.

Proprio gli istinti sulle linee di passaggio rappresentano una delle qualità migliori di Jerred Vanderbilt. Nelle ultime tre stagioni, compresa quella in corso, il prodotto di Kentucky è sempre stato almeno nel 93%ile per palle rubate. Merito di braccia abbastanza lunghe, di una buona comprensione del gioco e soprattutto di un’insospettabile capacità di effettuare aiuto e recupero a velocità elevate.

Porta l’aiuto al centro dell’area e riesce a fare un closeout profondo senza farsi battere da Fox, alias uno dei giocatori più veloci della lega.
Braccia lunghe, velocità, tempismo.

Vando è un giocatore sempre attivo off the ball, con una visione del campo che va oltre chi ha la palla. Le sopracitate braccia lunghe gli permettono anche di prendersi qualche rischio andando spesso in roaming sui passaggi consegnati più prevedibili. Non vi stupite se lo vedrete tentare una rubata furba alle spalle dell’attaccante, magari mentre lo rincorre in transizione, o addirittura sugli inbound pass (stile Alvarado per intenderci).

In generale Vanderbilt è uno dei giocatori più intensi della lega e grazie a questa energia costante è riuscito a ritagliarsi un ruolo nella NBA. In questi Lakers a tratti indolenti (vedasi le ultimissime partite) un profilo di questo tipo può essere molto utile, mettendo per esempio una pezza alle ormai ancestrali lacune della squadra nella difesa in transizione.

Ma Vando non è solo un energy guy da utilizzare lontano dalla palla. Nelle ultime due stagioni, infatti, ha dimostrato di essere anche un buon difensore on the ball. Sia Finch che Hardy non hanno esitato a dargli alcuni compiti complessi sul punto di attacco. Nonostante sia un giocatore di 6’9″, infatti, l’ex giocatore di Minnesota e Utah ha una buona mobilità laterale che gli permette di tenere botta anche contro le guardie.

Iso contro Fox: non perde un passo e costringe l’All Star dei Kings ad un tiro complesso.

Vanderbilt può sfruttare la sua mobilità e il suo atletismo quando difende il pick-and-roll (84%ile quest’anno), soprattutto se alle sue spalle ci sono giocatori in grado di offrire protezione del ferro primaria e secondaria. Per questo motivo penso che il fit difensivo sia con Davis che con Bamba possa essere assolutamente positivo.

La presenza in campo di un giocatore come Vando, ad esempio, può consentire a The Brow di giocare più spesso in roaming o comunque di essere più aggressivo sulla palla.

Il fit offensivo

Il ruolo in attacco di Vando sarà sicuramente limitato. Il talento offensivo dell’ex Jazz è circoscritto ad un paio di skill. La prima è sicuramente la capacità di catturare rimbalzi in attacco.

Vanderbilt prende tantissimi rimbalzi offensivi di pura voglia (l’anno scorso ne prese addirittura 8 contro i Lakers), ma è bravo pure a sfruttare i suoi mezzi atletici decisamente sopra la media NBA per saltare due o tre volte ed ottenere un extra-possesso in mezzo ad una giungla di avversari.

Qui sbaglia entrambi i tap-in ma impressiona la sua esplosività in una partita finita all’overtime.

Un’altra skill neanche troppo nascosta di Vando è la sua abilità da passatore, in transizione ma soprattutto sullo short roll. Il prodotto di Kentucky, infatti, ha delle letture insospettabili quando riceve il pallone in situazioni di 4vs3, una variabile, quest’ultima, che potrebbe risultare interessante se, come credo, dovesse giocare tanti pick-and-roll con LeBron James nei finali di partita.

Molto probabilmente Vando occuperà lo zona di campo del dunker spot nella conformazione four-out-one-in di Darvin Ham. Lo vedremo quindi concludere qualche volta sugli scarichi sotto canestro di James e poco altro.

Nonostante, infatti, abbia dimostrato dei miglioramenti nel tiro dalla lunga distanza, il suo volume è ancora troppo piccolo per essere ritenuto un tiratore credibile dai suoi avversari. Da qui i dubbi sul fit offensivo con Davis e sulla possibilità, quindi, di schierare Vanderbilt per stretch troppo prolungati a causa del suo arsenale offensivo troppo povero. I Lakers, a conti fatti, possono permettersi due non tiratori/tiratori mediocri nel frontcourt, specie nei finali di partita?

Domanda che avrà una risposta in tempi brevi. I gialloviola, infatti, non possono permettersi di perdere altro tempo e dovranno integrare il più velocemente possibile i nuovi arrivati. Vanderbilt è, a mio avviso, l’innesto potenzialmente migliore, ovvero il role player che tutte le squadre vorrebbero avere. Basterà per fare i playoff?


LeBron James ha superato Kareem Abdul-Jabbar, diventando il miglior realizzatore della storia della NBA. Leggi gli articoli dedicati al record del quattro volte MVP scritti dalla redazione di LakeShow Italia:


Ascolta Lakers Speaker’s Corner, il podcast italiano dedicato ai gialloviola, su:


Calabrese, gobbo, tifoso Lakers: insomma, una persona orribile. Ossessionato dallo sport in ogni sua forma, dopo aver visto Kobe e Shaq su Tele+ ho sviluppato una grave dipendenza dalla NBA.

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