In copertina: Maxwell Lewis e Jalen Hood-Schifino (Damian Dovarganes, Associated Press)

Il 27 giugno sono stati ufficialmente presentati alla stampa Jalen Hood-Schifino e Maxwell Lewis, rispettivamente 17esima e 40esima scelta allo scorso Draft. Introdotti dal GM Rob Pelinka, i due neo-gialloviola hanno risposto alle domande dei giornalisti in quella che, a tutti gli effetti, è stata la loro prima conferenza stampa da professionisti.

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🎢 Hood-Schifino: «Il giorno del Draft è stato un susseguirsi di emozioni»

Ad entrambi viene inizialmente chiesto cosa hanno provato ad essere stati selezionati da una franchigia importante come i Lakers. I due rookie rispondono che:

Lewis: «È stato veramente surreale sentire il mio nome accostato ai Lakers. Mio padre è di Inglewood, molti della mia famiglia sono di Las Vegas, dove i Lakers vanno forte. La storia della franchigia, Kobe… tanto dei Lakers è surreale. È una benedizione essere in questa squadra.»

Hood-Schifino «Sono un tipo molto rilassato, ma il giorno del Draft è stato un susseguirsi di emozioni. Non sai dove andrai. Ero seduto al tavolo e quando ho sentito la chiamata, il mio primo pensiero è andato a Kobe, perché sono cresciuto ammirandolo. Pensavo “Questo non può essere reale”. Non provavo molte emozioni, non riuscivo a piangere, a parlare, non sentivo nulla. Pensavo solo al fatto che ero diventato un Laker.»

Ai rookie viene chiesto un commento sulla run playoff dei Lakers e se sono emozionati all’idea di far parte di una squadra che lotta per il Titolo NBA:

Lewis «Giocare con LeBron James. Tutti i miei amici mi hanno parlato solo di questo. È surreale per me giocare in una squadra con veterani di questo calibro, che possono guidarmi e fare di me un giocatore migliore. Guarderò cosa fanno ogni giorno e cercherò di imparare da loro.»

Hood-Schifino «Max ha già detto tante cose che passano per la testa anche a me. Essere un ragazzo di 20 anni ed essere draftato dai Lakers, una franchigia che ha vinto così tanto nel corso degli anni, è come un sogno. Sarà importante imparare da tutti, ovviamente anche da LeBron, uno dei migliori giocatori di sempre. Anche il resto dei ragazzi ci aiuterà a dare il meglio. Sarà fantastico.»

All’interessante domanda su come approccerà il cambiamento da stella delle rispettive squadre a rookie nella NBA, JHS risponde che:

«Ovviamente essere un rookie significa partire dal basso. Bisogna capire come poter essere utili alla squadra. Qualsiasi cosa si debba fare, come ad esempio farsi sentire, essere un uomo assist, giocare in difesa… tutto verrà fatto con l’obiettivo di migliorare la squadra.»

⛔ Lewis: «Bisogna dare priorità alla difesa»

A Hood-Schifino viene poi chiesto che impressione faccia giocare con LeBron James, dato che il giorno in cui LBJ veniva scelto al Draft dai Cavaliers, lui era nato da appena una settimana:

«Ho visto un post a riguardo su ESPN. È incredibile pensare ad una cosa del genere. Ovviamente lui è uno dei migliori giocatori della storia, è nella Lega da 21 anni. Io, Max e tutti gli altri ragazzi, beneficeremo della sua conoscenza del gioco e di quello che ci insegnerà.»

Alla domanda sull’approccio difensivo che porteranno in dote, i due rookie ritengono che:

Hood-Schifino «Come ha detto il Coach (è infatti presente anche Darvin Ham, ndr), per i ragazzi giovani che entrano in NBA, imparare è fondamentale. Bisogna essere delle spugne, guardare tanti filmati, fare domande. Le cose si imparano lungo il cammino.»

Lewis «Mi allaccio a quanto appena detto. Bisogna partire dalle piccole cose, prendere la difesa seriamente e pensare ad essa come prioritaria quando si è in campo.»

Ad un’ulteriore domanda riguardante Kobe Bryant, e la linea che il Mamba ha tracciato per i giovani, entrambi rispondono che:

Lewis «Mio padre mise una bobblehead nella mia stanza: era quella di Kobe. Mi ci cadeva sempre l’occhio. Ero circondato dai Lakers durante i weekend, mio padre mi portava a L.A., era il suo posto preferito. Qualche mattina guardavo i video motivazionali di Kobe. La sua mentalità, quanto lavorava duro e la sua motivazione, si sono installate nella mia testa.»

Hood-Schifino «Quando ero più giovane, guardavo quanto talento avesse e quanto ne mettesse in campo. È stato uno dei migliori giocatori della storia. Crescendo ho capito la Mamba Mentality, e questo mi ha attratto. Kobe mi ha attirato a sé per il suo mindset e i suoi comportamenti, e ho provato ad instillarli in me.»

Alla domanda finale, riguardante che tipo di apporto potrà dare, JHS risponde molto lucidamente così:

«Dal mio punto di vista, ovviamente sono una guardia grossa, che cerca molti blocchi. Sono versatile, cerco di coinvolgere i compagni e difensivamente posso marcare su diverse posizioni. Probabilmente la domanda più ricorrente in sede di Draft riguardava il mio tiro da tre. Ovviamente in NBA gli spazi sono diversi, e ci sono dubbi sul fatto che io possa tirare in maniera consistente. Dovrò avere fiducia in me stesso.»


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Classe 1993, giusto in tempo per vedere i Lakers di Shaq e Kobe. Da lì nasce un amore incrollabile per l’NBA e i Gialloviola. Lavoro, studio e scrivo. Nel tempo libero cerco di capire cosa sia passato nella testa di Ron prima di prendere QUEL tiro.

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